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1 Sintesi

Le tariffe commerciali e la relativa incertezza hanno contribuito a forti oscillazioni dell’attività economica nella prima metà del 2025, con un’anticipazione dell’attività, soprattutto in Irlanda. Il venir meno di questi fattori nella seconda metà dell’anno dovrebbe determinare ulteriore volatilità, tale da confondere i segnali sulla dinamica di fondo dell’economia dell’area dell’euro. Di fatto, se non si considera la volatilità derivante dalle oscillazioni dei dati irlandesi, la crescita economica nel resto dell’area è stata più stabile e dovrebbe rimanere tale nella seconda metà dell’anno. Pur comportando un incremento dei dazi sulle esportazioni dell’area dell’euro verso gli Stati Uniti, il nuovo accordo commerciale tra Stati Uniti e UE ha contribuito a ridurre l’incertezza sulle politiche commerciali. Più avanti nell’orizzonte di riferimento la crescita economica dell’area dovrebbe rafforzarsi, sostenuta da vari fattori. L’aumento dei salari reali e dell’occupazione, unitamente ai nuovi stanziamenti pubblici per infrastrutture e difesa, soprattutto in Germania, dovrebbe stimolare la domanda interna dell’area. Inoltre, anche le condizioni di finanziamento meno restrittive, che riflettono principalmente le recenti decisioni di politica monetaria, e il recupero della domanda esterna nel 2027 dovrebbero sostenere le prospettive di crescita. Il tasso di incremento medio annuo del PIL in termini reali sarebbe pari all’1,2% nel 2025, all’1,0% nel 2026 e all’1,3% nel 2027. Rispetto alle proiezioni condotte lo scorso giugno dagli esperti dell’Eurosistema, le prospettive per la crescita del PIL sono state riviste al rialzo di 0,3 punti percentuali per il 2025, riflettendo dati più recenti migliori del previsto e un effetto di trascinamento derivante da revisioni dei dati storici. Si ritiene che i dati diversi dal previsto saranno solo in parte compensati nella seconda metà dell’anno, poiché non tutti riguardano un’anticipazione dell’attività superiore a quanto ipotizzato in precedenza. L’apprezzamento dell’euro e la maggiore debolezza della domanda esterna (in parte riconducibile al livello lievemente più elevato dei dazi rispetto alle ipotesi delle proiezioni di giugno) hanno determinato una revisione al ribasso di 0,1 punti percentuali per il 2026. La proiezione per il 2027 rimane invariata[1].

Le prospettive per l’inflazione sono coerenti con una stabilizzazione intorno all’obiettivo del 2% a medio termine. L’inflazione complessiva, misurata sull’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC), non evidenzierebbe alcuna tendenza significativa nel resto del 2025, mantenendosi attorno al 2%, per poi scendere all’1,7% nel 2026 e quindi risalire all’1,9% nel 2027. La diminuzione prospettata nel 2026 riflette un ulteriore graduale calo per le componenti non energetiche, mentre per i beni energetici l’inflazione dovrebbe continuare a mostrare variabilità ma aumentare nell’orizzonte di proiezione, in parte per effetto dell’avvio del sistema dell’UE per lo scambio di quote di emissione (ETS2) nel 2027. Per quanto riguarda la componente dei beni alimentari, ci si attende che l’inflazione resti inizialmente elevata, con la trasmissione degli effetti ritardati dei passati rincari delle materie prime alimentari sui mercati internazionali, ma poi dovrebbe scendere portandosi su livelli lievemente superiori al 2% nel 2026 e nel 2027. L’inflazione misurata sullo IAPC al netto delle componenti energetica e alimentare (HICPX) dovrebbe diminuire con l’attenuarsi delle pressioni salariali e la moderazione dell’inflazione relativa ai servizi, e man mano che l’apprezzamento dell’euro si trasmetterà lungo la catena di formazione dei prezzi e frenerà l’inflazione dei beni. Il rallentamento delle retribuzioni, essendo state recuperate le passate perdite nei salari reali, unitamente a una ripresa della crescita della produttività, dovrebbe determinare una significativa decelerazione del costo del lavoro per unità di prodotto. Rispetto alle proiezioni dello scorso giugno, le prospettive per l’inflazione complessiva misurata sullo IAPC sono state riviste al rialzo di 0,1 punti percentuali sia per il 2025 che per il 2026 a causa di dati effettivi e ipotesi sui prezzi delle materie prime energetiche più elevati, nonché degli effetti ritardati dei rincari delle materie prime alimentari sui mercati internazionali, che hanno più che compensato l’apprezzamento dell’euro. Nel 2027 si ritiene che prevarranno gli effetti ritardati del rafforzamento dell’euro, da cui deriva una revisione al ribasso di 0,1 punti percentuali.

Tavola 1

Proiezioni per la crescita e per l’inflazione nell’area dell’euro

(variazioni percentuali annue, revisioni in punti percentuali)

Settembre 2025

Revisioni rispetto a giugno 2025

2024

2025

2026

2027

2024

2025

2026

2027

PIL in termini reali

0,8

1,2

1,0

1,3

0,0

0,3

-0,1

0,0

IAPC

2,4

2,1

1,7

1,9

0,0

0,1

0,1

-0,1

IAPC al netto di energia e alimentari

2,8

2,4

1,9

1,8

0,0

0,0

0,0

-0,1

Note: le proiezioni riguardanti il PIL in termini reali si basano su medie annue di dati destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative. Le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat a causa della divulgazione dei dati oltre la data di chiusura delle proiezioni. Le revisioni sono calcolate su dati arrotondati. È possibile scaricare statistiche, con frequenza anche trimestrale, dalla banca dati delle proiezioni macroeconomiche disponibile nel sito Internet della BCE.

2 Contesto internazionale

I dazi statunitensi hanno continuato ad aumentare dopo la data di chiusura delle proiezioni di giugno 2025, ma l’annuncio di intese commerciali preliminari e la proroga della tregua tariffaria tra gli Stati Uniti e la Cina hanno attenuato l’incertezza sulle politiche commerciali, che rimane tuttavia elevata. Le ipotesi dello scenario di base per i dazi e per l’incertezza sulle politiche commerciali sono presentate in maggiore dettaglio nel riquadro 1. Le indagini avviate dall’amministrazione statunitense ai sensi della Sezione 232 riguardo ai dazi settoriali per i prodotti farmaceutici, i semiconduttori e il legname sono ancora in corso e questo costituisce un rischio verso l'alto per le ipotesi tariffarie.

Le prospettive per la crescita mondiale dovrebbero registrare un indebolimento, che sarebbe tuttavia meno netto rispetto a quanto previsto nell’esercizio dello scorso giugno[2]. Il tasso di incremento del PIL globale in termini reali sarebbe pari al 3,3% nel 2025, in calo rispetto al 3,6% dello scorso anno, e scenderebbe ulteriormente portandosi al 3,1% nel 2026, per poi risalire al 3,3% nel 2027 (tavola 2). Nel secondo trimestre è stato superiore al previsto nelle maggiori economie (compresi gli Stati Uniti, la Cina e il Regno Unito), ma dati economici recenti riguardanti, ad esempio, l’indebolimento della domanda di lavoro negli Stati Uniti e l’evoluzione modesta delle vendite al dettaglio e degli investimenti in Cina segnalano un rallentamento dell’attività nella seconda metà di quest’anno. Le prospettive sono state tuttavia riviste al rialzo rispetto alle proiezioni del giugno scorso riflettendo in parte dati più positivi del previsto, mentre le politiche di bilancio espansive negli Stati Uniti, la diminuzione dell’incertezza sulle politiche commerciali e il miglioramento delle condizioni finanziarie dovrebbero attutire l’impatto dei nuovi dazi.

La crescita del commercio internazionale evidenzierebbe un calo significativo, al 2,8% nel 2025 e all’1,5% nel 2026, per poi segnare una ripresa salendo al 3,1% nel 2027. Nonostante l’apparente tenuta dell’interscambio nella prima metà del 2025, dovuta all’anticipazione delle importazioni statunitensi in vista dell’imposizione dei dazi, le politiche commerciali degli Stati Uniti pesano sulla dinamica degli scambi. Il brusco rallentamento previsto riflette il riassorbimento dell’anticipazione delle importazioni, oltre che l’impatto dei dazi e dell’elevata incertezza sulle politiche commerciali in un contesto in cui quest’ultima circostanza frena gli investimenti e determina una composizione della domanda mondiale a minore intensità di scambi. Il commercio mondiale dovrebbe recuperare nel 2027, in particolare in presenza di una ripresa delle importazioni statunitensi dopo la contrazione attesa nel 2026, seppur a un ritmo lievemente inferiore a quello del PIL mondiale in termini reali. Il tasso di incremento delle importazioni mondiali è stato rivisto al ribasso sia per il 2025 sia per il 2026 rispetto alle proiezioni di giugno. Ciò riflette principalmente l’introduzione dei nuovi dazi e una revisione al ribasso della valutazione dell’intensità di importazioni nella crescita in Cina, tale da più che compensare l’impatto delle correzioni al rialzo per il tasso di variazione del PIL in termini reali.

Le prospettive per la domanda esterna dell’area dell’euro rimangono modeste e sono state riviste lievemente al ribasso rispetto alle proiezioni di giugno. La crescita della domanda esterna dell’area dell’euro scenderebbe dal 3,6% nel 2024 al 2,8% nel 2025 e successivamente registrerebbe un ulteriore calo nel 2026, portandosi all’1,4%, per poi recuperare salendo al 3,1% nel 2027 (tavola 2). In confronto alle proiezioni dello scorso giugno è stata oggetto di una revisione verso il basso per il 2026. Le revisioni cumulate della domanda esterna dell’area dell’euro per il periodo 2025-2027 sono tuttavia di entità inferiore a quelle relative al commercio mondiale. Questo rispecchia effetti di composizione geografica, ovvero importazioni superiori al previsto nel Regno Unito nel secondo trimestre e correzioni al rialzo per i paesi dell’Europa centrale e orientale a causa degli stanziamenti per la difesa e delle misure di stimolo fiscale in Germania.

Tavola 2

Contesto internazionale

(variazioni percentuali annue, revisioni in punti percentuali)

 

Settembre 2025

Revisioni rispetto a giugno 2025

2024

2025

2026

2027

2024

2025

2026

2027

PIL mondiale in termini reali (esclusa l’area dell’euro)

3,6

3,3

3,1

3,3

0,0

0,2

0,2

0,1

Commercio mondiale (esclusa l’area dell’euro)1)

4,2

2,8

1,5

3,1

0,0

-0,3

-0,2

0,0

Domanda esterna dell’area dell’euro2)

3,6

2,8

1,4

3,1

0,1

0,0

-0,3

0,0

IPC mondiale (esclusa l’area dell’euro)

4,0

3,2

2,9

2,5

0,0

-0,1

0,1

0,0

Prezzi all’esportazione dei paesi concorrenti in valuta nazionale3)

2,3

1,6

2,1

2,3

-0,2

-0,2

-0,5

0,0

Nota: le revisioni sono calcolate su dati arrotondati.
1) Calcolato come media ponderata delle importazioni.
2) Calcolata come media ponderata delle importazioni dei partner commerciali dell’area dell’euro.
3) Calcolati come media ponderata dei deflatori delle esportazioni dei partner commerciali dell’area dell’euro.

L’inflazione complessiva a livello mondiale diminuirebbe gradualmente nell’orizzonte temporale di proiezione nonostante le spinte inflazionistiche negli Stati Uniti[3]. L’inflazione complessiva su scala internazionale misurata sull’indice dei prezzi al consumo (IPC) dovrebbe moderarsi passando dal 4,0% nel 2024 al 3,2% nel 2025, per poi diminuire ulteriormente portandosi al 2,9% nel 2026 e al 2,5% nel 2027. Rispetto alle proiezioni di giugno è stata rivista lievemente al ribasso per il 2025 a causa di dati peggiori del previsto per il secondo trimestre nelle grandi economie (compresi gli Stati Uniti, la Cina e l’India), mentre è stata corretta al rialzo per il 2026. Quest’ultima correzione è dovuta soprattutto agli andamenti negli Stati Uniti, dove ci si attende che i dazi più elevati e le politiche di bilancio espansive intensifichino le pressioni inflazionistiche. Tali andamenti sono in parte compensati dalle revisioni verso il basso riguardanti le economie emergenti, che riflettono attese di una dinamica dell’inflazione al consumo inferiore al previsto in Cina e l’impatto del calo dei prezzi dei beni alimentari.

I prezzi all’esportazione dei paesi concorrenti dell’area dell’euro aumenterebbero a un ritmo inferiore alla media storica per effetto della perdurante debolezza dei prezzi delle esportazioni in Cina. Il loro tasso di incremento (in valuta nazionale) sarebbe pari all’1,6% nel 2025, al 2,1% nel 2026 e al 2,3% nel 2027. Questi valori si collocano al di sotto della media storica (2,6% nel periodo 2000-2019) in quanto ci si attende che l’inflazione dei prezzi all’esportazione cinesi rimanga in territorio negativo sino alla fine del 2026. Le revisioni verso il basso per il 2025 e il 2026 rispetto alle proiezioni dello scorso giugno riflettono l’impatto di prezzi all’esportazione inferiori in Cina, in parte a causa della deflazione radicata dei prezzi alla produzione e dei ribassi dei beni alimentari, che più che compensano l’effetto del lieve rialzo ipotizzato per i corsi petroliferi.

Riquadro 1
Ipotesi concernenti i dazi statunitensi e l’incertezza sulle politiche commerciali, e ipotesi tecniche

Ipotesi concernenti i dazi statunitensi e l’incertezza sulle politiche commerciali

Rispetto alle proiezioni dello scorso giugno, i dazi effettivi imposti dagli Stati Uniti sulle importazioni dall’area dell’euro e da tutti i partner commerciali sono più elevati a seguito dell’accordo commerciale tra Stati Uniti e Unione europea e di altri annunci. Le proiezioni formulate dagli esperti tengono conto delle aliquote, delle sospensioni e delle esenzioni tariffarie in vigore alla data dell’ultimo aggiornamento di questo esercizio previsivo (28 agosto) e ipotizzano che rimangano sullo stesso livello nell’intero periodo in esame.

  • Il dazio effettivo per le esportazioni di beni dell’area dell’euro negli Stati Uniti è assunto pari al 13,1%, in aumento rispetto al 10,2% ipotizzato nelle proiezioni di giugno (grafico A, pannello a). Ciò riflette l’accordo commerciale del 27 luglio 2025 e la successiva dichiarazione congiunta di Stati Uniti e Unione europea in cui si prevede che a tutti i beni non interessati dai dazi settoriali si applichi l’aliquota del 15% o, se superiore, quella della nazione più favorita (NPF). A titolo di raffronto, nell’esercizio previsivo dello scorso giugno era stato ipotizzato un dazio forfettario del 10%. A livello settoriale si registrano dazi più elevati per l’acciaio e per l’alluminio (50%, rispetto al 25% indicato nelle proiezioni di giugno) e un nuovo dazio del 50% sul contenuto di alluminio e acciaio di 407 prodotti, oltre che sul rame più in generale. Le autovetture e le componenti automobilistiche sono soggette a un dazio del 15% (inferiore rispetto al 25% prospettato nelle proiezioni di giugno), mentre agli aeromobili e alle parti di aeromobili si applica ora solo l’aliquota NPF[4]. Per i beni attualmente oggetto di un’indagine ai sensi della Sezione 232 – vale a dire i prodotti farmaceutici, i semiconduttori e il legname – si ipotizza che l’aliquota coincida con quella applicabile prima dell’insediamento dell’amministrazione Trump, vale a dire che sia prossima allo zero. Se si considera anche l’interscambio di servizi, il dazio effettivo si colloca all’8,1%, superiore di 1,8 punti percentuali al livello indicato nelle proiezioni di giugno.
  • Il dazio effettivo complessivo applicato dagli Stati Uniti alle importazioni di beni da tutti i partner commerciali è salito al 21,0%, dal 16,8% dell’esercizio di giugno (grafico A, pannello b). Ciò riflette il raddoppio dei dazi universali sull’acciaio e sull’alluminio (dal 25% delle proiezioni dello scorso giugno al 50%) oltre che l’aggiunta di 407 prodotti derivati in acciaio e alluminio all’elenco dei beni interessati dai dazi, nuovi dazi universali sul rame (50%), accordi commerciali bilaterali sottoscritti con importanti partner commerciali (ad esempio Unione europea, Giappone, Corea e Vietnam), dazi reciproci più alti introdotti il 7 agosto per i paesi con cui non era stato raggiunto un accordo (per esempio India e Svizzera), aumenti dei dazi sulle esportazioni brasiliane (al 50%) e canadesi (al 35% per i beni non conformi all’accordo tra Stati Uniti, Messico e Canada) e dazi secondari (ulteriori 25 punti percentuali) volti a penalizzare l’India per gli acquisti di petrolio russo.

Grafico A

Ipotesi per i dazi effettivi statunitensi sui beni nelle proiezioni di settembre e giugno 2025

a) Importazioni dall’area dell’euro (solo beni)

b) Importazioni da tutti i partner commerciali (solo beni)

(valori percentuali e contributi in punti percentuali)

(valori percentuali e contributi in punti percentuali)

Fonti: Conteduca, Mancini e Borin (2025), BACI (Base pour l’Analyse du Commerce International) del CEPII, World Integrated Trade Solution, Trade Data Monitor ed elaborazioni degli esperti della BCE.
Nota: il pannello a) mostra i dazi medi ponderati a livello di prodotto utilizzando dati commerciali relativi al 2024, tenendo conto delle esenzioni permanenti e temporanee. “Metalli” include il dazio aggiuntivo del 25% sull’acciaio e sull’alluminio e il dazio del 50% sul rame assieme ai dazi del 50% sul contenuto di alluminio e acciaio di altri 407 prodotti. “Accordo USA-UE” include i dazi del 15% sulle autovetture e le componenti automobilistiche, il dazio NPF per gli aeromobili e le parti di aeromobili e l’aliquota del 15% o, se superiore, quella del dazio NPF per gli altri beni. Il pannello b) mostra i dazi effettivi medi ponderati a livello di prodotto utilizzando dati commerciali relativi al 2023, tenendo conto delle esenzioni permanenti e temporanee. “Metalli” copre il raddoppio dei dazi sull’acciaio e sull’alluminio (dal 25% delle proiezioni di giugno al 50% in quelle di settembre 2025), i dazi universali statunitensi del 50% sul rame e i dazi del 50% sul contenuto di acciaio e alluminio di altri 407 prodotti. “Altro” include gli aumenti dei dazi imposti al Brasile e al Canada, i dazi secondari applicati all’India, i dazi reciproci più elevati annunciati il 1° agosto 2025 e le intese commerciali preliminari tra gli Stati Uniti e importanti partner commerciali (ad esempio Vietnam, Giappone e Corea).

L’incertezza sulle politiche commerciali è diminuita più rapidamente di quanto previsto nelle proiezioni di giugno, pur rimanendo elevata rispetto ai parametri storici. A luglio l’incertezza era inferiore di circa il 55% al livello ipotizzato nelle proiezioni di giugno, principalmente a causa dell’annuncio di accordi commerciali[5]. Si assume pertanto che nel periodo in esame si collochi su livelli inferiori a quelli prospettati nell’esercizio precedente, pur restando elevata, e che evidenzi un analogo profilo discendente (grafico B, pannello a).

L’aumento dei dazi statunitensi e dell’incertezza sulle politiche commerciali dopo le proiezioni di marzo ha ridotto le prospettive per la crescita del PIL in termini reali dell’area dell’euro di 0,7 punti percentuali cumulativamente nel periodo 2025-2027 (grafico B, pannello b), mentre l’impatto sull’inflazione è trascurabile. Si ritiene che il lieve incremento delle ipotesi relative ai dazi rispetto a giugno implichi un impatto cumulato aggiuntivo di -0,1 punti percentuali nel confronto con l’esercizio previsivo dello scorso giugno, concentrato nel 2025 e nel 2026. L’impatto limitato, che esclude gli effetti di cambio, è connesso sia alle variazioni contenute dei dazi effettivi sia al fatto che gli aumenti sono relativamente inferiori a quelli applicati ad altri paesi concorrenti che commerciano con gli Stati Uniti (grafico A). Con riferimento all’incertezza sulle politiche commerciali, la sua diminuzione rispetto alle proiezioni di giugno ha determinato un lieve effetto verso l’alto sulla crescita del PIL in termini reali. In conseguenza di questi due fattori che si compensano in parte a vicenda, l’impatto complessivo dei dazi e dell’incertezza sul tasso di incremento del PIL sarebbe leggermente più negativo di quanto prospettato nell’esercizio di giugno e pari a -0,7 punti percentuali in termini cumulati nel periodo 2025-2027. Come nelle proiezioni di giugno, l’effetto dei dazi statunitensi e dell’incertezza sull’inflazione dell’area dell’euro misurata sull’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) è ritenuto molto limitato, con un impatto cumulato nel periodo 2025-2027 inferiore a 0,2 punti percentuali.

Grafico B

Ipotesi degli esperti riguardo all’incertezza sulle politiche commerciali e all’impatto dei dazi e dell’incertezza sulla crescita.

a) Evoluzione dell’incertezza sulle politiche commerciali

b) Impatto dei dazi e dell’incertezza sulla crescita del PIL in termini reali dell’area dell’euro (impatto cumulato nel periodo 2025-2027)

(indice; media mobile di tre mesi)

(punti percentuali)

Fonti: Caldara et al., “Does Trade Policy Uncertainty Affect Global Economic Activity?”, 4 settembre 2019, ed elaborazioni degli esperti della BCE.
Nota: nel pannello a) i dati si riferiscono a una misura “depurata” dell’incertezza sulle politiche commerciali (nota 5). L’ultima osservazione si riferisce a luglio 2025. Per il pannello b), le stime escludono l’impatto dei dazi sulle ipotesi tecniche (ad esempio per il tasso di cambio).

Ipotesi tecniche

Rispetto all’esercizio dello scorso giugno, le principali modifiche apportate alle ipotesi tecniche sono rappresentate da corsi petroliferi più alti, da prezzi del gas e delle materie prime più bassi e da un rafforzamento del tasso di cambio dell’euro, mentre le ipotesi finanziarie sono sostanzialmente invariate. Le ipotesi concernenti le quotazioni del petrolio sono state riviste al rialzo di circa il 3% in media per il periodo 2025-2027 e quelle riguardanti i prezzi dell’elettricità sono state corrette verso l’alto di circa il 2%, mentre le ipotesi per i prezzi all’ingrosso del gas sono state oggetto di una lieve revisione al ribasso. Il prezzo delle quote di emissione nell’ETS1 è altresì ipotizzato lievemente inferiore, mentre per l’ETS2 è stato mantenuto invariato. I corsi delle materie prime non energetiche sono stati rivisti lievemente verso il basso. L’euro si è apprezzato del 3,3% sul dollaro statunitense e del 2,3% in termini effettivi nominali rispetto alle proiezioni di giugno. Le ipotesi per i tassi di interesse sono sostanzialmente invariate.

Tavola

Ipotesi tecniche

 

Settembre 2025

Revisioni rispetto a giugno 2025

2024

2025

2026

2027

2025

2026

2027

Materie prime:

Prezzo del petrolio (USD al barile)

81,2

69,7

65,1

65,1

4,5

3,7

1,4

Prezzi del gas naturale (EUR per MWh)

34,4

37,3

32,9

29,7

-1,8

-1,2

1,4

Prezzi del mercato all’ingrosso dell’elettricità
(EUR per MWh)

77,7

84,6

77,8

73,2

2,8

0,4

1,9

Quote di emissione nell’ETS1 (EUR per tonnellata)

65,2

70,7

71,9

73,8

-0,9

-1,8

-2,2

Quote di emissione nell’ETS2 (EUR per tonnellata)

-

-

-

59,0

-

-

0,0

Prezzi delle materie prime non energetiche in USD
(variazione percentuale annua)

9,2

4,8

-1,0

0,9

-2,0

-0,6

0,3

Tassi di cambio:

Tasso di cambio USD/EUR

1,08

1,13

1,16

1,16

1,9

3,3

3,3

Tasso di cambio effettivo nominale dell’euro (TCE-41)
(1° trim. 1999 = 100)

124,1

127,7

129,9

129,9

1,2

2,3

2,3

Ipotesi finanziarie:

Euribor a tre mesi (percentuale annua)

3,6

2,2

1,9

2,1

0,0

0,0

-0,1

Rendimenti dei titoli di Stato a dieci anni
(percentuale annua)

2,9

3,1

3,4

3,6

0,0

0,0

0,0

Nota: le revisioni sono espresse in percentuale (per i livelli), in punti percentuali (per i tassi di crescita) e in percentuali annue. Le revisioni per i tassi di crescita e i tassi di interesse sono calcolate utilizzando cifre arrotondate a un decimale, mentre quelle segnalate come variazioni percentuali sono calcolate su dati non arrotondati. Le ipotesi tecniche concernenti i tassi di interesse dell’area dell’euro e i prezzi delle materie prime sono basate sulle aspettative di mercato al 15 agosto 2025. I prezzi del petrolio si riferiscono ai prezzi a pronti e dei contratti future per il greggio di qualità Brent. Con prezzi del gas si intendono le quotazioni a pronti e dei contratti future per il gas TTF olandese. I prezzi dell’elettricità si riferiscono alle quotazioni medie a pronti e dei contratti future sui prezzi del mercato all’ingrosso dell’elettricità per i cinque maggiori paesi dell’area. Il prezzo “sintetico” dei contratti future sulle quote di emissione nel sistema ETS1 (EU Allowances, EUA) è ricavato come valore di fine mese ottenuto per interpolazione lineare dei prezzi dei due contratti future sulle EUA più prossimi negoziati sulla Borsa europea dell’energia. I prezzi mensili dei future sulle EUA sono poi utilizzati per costruire una media volta a ottenere un equivalente a frequenza annuale. In assenza di scambi significativi di quote di emissione nell’ambito del sistema ETS2, gli esperti hanno fissato le ipotesi di prezzo in corrispondenza del valore soglia (aggiornato ai prezzi del 2027) al di sopra del quale è previsto lo svincolo di quote aggiuntive (per maggiori dettagli, cfr. il riquadro “Valutazione dell’impatto delle politiche di transizione connesse ai cambiamenti climatici sulla crescita e sull’inflazione” delle Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate dagli esperti dell’Eurosistema, dicembre 2024). Il profilo delle quotazioni delle materie prime si basa sui prezzi impliciti nei contratti future osservati nelle dieci giornate lavorative fino alla data di ultimazione delle ipotesi tecniche. Si ipotizza che i tassi di cambio bilaterali restino invariati nell’orizzonte temporale di proiezione sui livelli medi osservati nelle dieci giornate lavorative fino alla data di aggiornamento delle ipotesi tecniche. Le ipotesi formulate per i rendimenti nominali dei titoli di Stato a dieci anni dell’area dell’euro si basano sulla media dei rendimenti dei titoli a dieci anni dei vari paesi, ponderata per il PIL su base annua. Dove esistono i dati necessari, i rendimenti nominali dei titoli di Stato a dieci anni dei diversi paesi sono definiti come i rendimenti dei titoli di riferimento a dieci anni estesi utilizzando il par yield a termine derivato, alla data di ultimazione delle ipotesi tecniche, dalle corrispondenti curve dei rendimenti dei vari paesi. Negli altri casi i rendimenti dei titoli di Stato a dieci anni dei diversi paesi sono definiti come il rendimento dei titoli di riferimento a dieci anni esteso utilizzando un differenziale costante (osservato alla data di aggiornamento delle ipotesi tecniche) rispetto all’ipotesi tecnica relativa al tasso di interesse a lungo termine privo di rischio dell’area dell’euro.

3 Economia reale

Dopo una crescita molto superiore alle stime nel primo trimestre del 2025, l’attività economica nell’area dell’euro è aumentata dello 0,1% nel secondo, un livello lievemente inferiore rispetto a quanto prospettato nelle proiezioni di giugno (grafico 1). Come conseguenza del dato effettivo per il primo trimestre del 2025 e della revisione al rialzo dei dati per il quarto trimestre del 2024, il livello del PIL nel secondo trimestre di quest’anno era ancora superiore di circa lo 0,5% a quello previsto nell’esercizio di giugno. Nel primo trimestre l’anticipazione delle esportazioni in vista dell’aumento dei dazi statunitensi ha fornito un forte sostegno alla crescita. Tale effetto ha iniziato a venire meno nel secondo trimestre per motivi principalmente, ma non esclusivamente, riconducibili agli andamenti nel settore farmaceutico irlandese. A livello settoriale, l’attività industriale è stata modesta nel secondo trimestre nel contesto del riassorbimento degli effetti dell’anticipazione delle esportazioni. Al tempo stesso è proseguita la ripresa sottostante della domanda di beni, favorita dal miglioramento dei redditi reali, mentre nel settore dei servizi l’attività ha continuato ad aumentare.

L’attività economica ristagnerebbe nel terzo trimestre a causa dell’atteso riassorbimento ulteriore dell’anticipazione delle esportazioni, specialmente in Irlanda, e in ragione degli aumenti dei dazi, ma dovrebbe recuperare nel quarto. L’indice composito dei responsabili degli acquisti (Purchasing Managers’ Index, PMI) relativo al prodotto è salito a 51,0 in agosto, a indicare una dinamica di fondo positiva della crescita. Il settore industriale ha evidenziato una ripresa più pronunciata, con il PMI relativo alla produzione manifatturiera pari a 52,5, mentre il PMI relativo ai servizi ha continuato a segnalare una crescita solo moderata (50,5). L’indice del clima economico (Economic Sentiment Indicator, ESI) della Commissione europea è tornato a diminuire in agosto dopo essere migliorato a luglio e rimane su livelli modesti. Contrariamente agli indicatori delle indagini congiunturali, i dati relativi alla produzione industriale in giugno mettono in luce le perduranti difficoltà nel settore industriale, che sono connesse in parte al venir meno degli effetti di anticipazione ma che sono altresì legate ai persistenti problemi di competitività. Lo scenario di base delle proiezioni ipotizza che nel periodo in esame i dazi statunitensi nei confronti dell’Unione europea si mantengano sul livello annunciato nel contesto dell’accordo commerciale raggiunto tra Stati Uniti e UE il 27 luglio e che l’incertezza sulle politiche commerciali diminuisca gradualmente, pur restando elevata, con un effetto di freno sull’attività che sarebbe in via di esaurimento (riquadro 1). L’attesa contrazione netta della crescita in Irlanda nel terzo trimestre del 2025, connessa al venir meno degli effetti della precedente anticipazione delle esportazioni, compenserebbe l’incremento dello 0,2% nel resto dell’area dell’euro, determinando un ristagno dell’attività nell’area (grafico 1, pannello c). Si ritiene che la moderata dinamica di fondo della crescita, in un contesto caratterizzato da dazi lievemente superiori a quanto ipotizzato in precedenza, ma da una minore incertezza, determini il ritorno a tassi di variazione positivi e pari allo 0,2% nel quarto trimestre. Il tasso di incremento annuo dell’1,2% previsto per il 2025 è quasi interamente riconducibile ai dati effettivi e alle revisioni dei dati storici nei trimestri recenti (grafico 1, pannello d).

Grafico 1

PIL in termini reali dell’area dell’euro

a) Crescita del PIL in termini reali

b) Livello del PIL in termini reali

(variazioni percentuali sul trimestre precedente, dati trimestrali destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative)

(volumi concatenati, 2020; miliardi di euro)

c) Crescita del PIL in termini reali dell’area dell’euro – impatto dell’Irlanda

d) Crescita del PIL in termini reali dell’area dell’euro – impatto della crescita infra-annuale e degli effetti di trascinamento

(variazioni percentuali sul trimestre precedente e contributi in punti percentuali, dati trimestrali destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative)

(variazioni percentuali annue e contributi in punti percentuali)

Nota: le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat a causa della divulgazione dei dati oltre la data di chiusura delle proiezioni. La linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione. Nel pannello a), gli intervalli di valori delle proiezioni centrali forniscono una misura del grado di incertezza e sono simmetrici per definizione. Si basano sugli errori di proiezione passati, al netto della correzione per i valori anomali. Le bande, dalla più scura alla più chiara, descrivono una probabilità del 30%, del 60% e del 90% che il dato relativo alla crescita del PIL in termini reali rientri nei rispettivi intervalli. Per maggiori dettagli, cfr. il riquadro “Un’illustrazione dell’incertezza che caratterizza le proiezioni” delle Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate dagli esperti della BCE, marzo 2023. Nel pannello c), gli istogrammi rossi si riferiscono all’impatto della crescita del PIL in termini reali dell’Irlanda sull’aggregato per l’area dell’euro e quelli verdi si riferiscono alla crescita negli altri paesi dell’area. Nel pannello d), gli effetti di trascinamento indicano l’impatto sul tasso di crescita medio annuo per l’anno t esercitato dalla crescita nell’anno t-1. L’istogramma a righe rosse mostra l’impatto dei dati relativi al primo e al secondo trimestre del 2025 sulla crescita infra-annuale per il 2025.

La crescita del PIL in termini reali sul trimestre precedente salirebbe allo 0,3% nel medio periodo, sorretta dall’aumento del reddito disponibile, dal calo dell’incertezza, dal rafforzamento della domanda esterna e dallo stimolo di bilancio connesso alla difesa e alle infrastrutture. I consumi privati sarebbero sostenuti dall’aumento del potere di acquisto delle famiglie, riconducibile alla dinamica moderata dei salari e dell’occupazione – nonostante il lieve allentamento delle condizioni nel mercato del lavoro – assieme alla diminuzione dell’inflazione e alla leggera flessione del tasso di risparmio delle famiglie. Gli investimenti si rafforzerebbero gradualmente nel periodo in esame rispecchiando la riduzione dell’incertezza, l’aumento degli stanziamenti per difesa e infrastrutture, il sostegno fornito dai fondi messi a disposizione dal programma Next Generation EU (NGEU) e il miglioramento delle condizioni della domanda in linea con la ripresa ciclica. È tuttavia verosimile che il perdurare della debolezza della domanda esterna fino agli inizi del 2026, i persistenti problemi di competitività dell’area dell’euro, l’aumento dei dazi e il rafforzamento del tasso di cambio determinino perduranti perdite di quote di mercato delle esportazioni, che si ritiene frenino altresì la ripresa degli investimenti delle imprese. Le misure di bilancio annunciate nella prima metà dell’anno in materia di difesa e infrastrutture dovrebbero fornire un impulso limitato alla crescita nel medio periodo, pari a 0,25 punti percentuali in termini cumulati nell’orizzonte temporale della proiezione. Nell’insieme, il tasso di incremento del PIL sul trimestre precedente rimarrebbe pari allo 0,3% a partire dagli inizi del 2026. Il lieve calo della crescita media annua del PIL in termini reali, dall’1,2% nel 2025 all’1,0% nel 2026, è ritenuto una conseguenza della stima di effetti di trascinamento minori nel 2026 dopo la dinamica debole attesa per la seconda metà del 2025 (grafico 1, pannello d).

È probabile che gli effetti avversi sulla crescita derivanti dal precedente inasprimento della politica monetaria si siano già concretizzati, mentre le riduzioni dei tassi di riferimento operate da giugno 2024 dovrebbero ora iniziare a fornire un sostegno. A seguito delle riduzioni dei tassi di riferimento attuate da giugno 2024, e sulla base delle aspettative di mercato circa l’evoluzione futura dei tassi di interesse alla data dell’ultimo aggiornamento delle proiezioni (riquadro 1), si ritiene che nel resto del 2025 rimanga ben poco dell’impatto negativo sulla crescita economica esercitato dal passato ciclo di inasprimento monetario. Vi è tuttavia notevole incertezza riguardo all’entità e al profilo temporale degli effetti passati e futuri.

La dinamica del PIL in termini reali dovrebbe continuare a essere trainata dai consumi privati. Dal punto di vista della spesa (grafico 2, pannello a), i consumi privati si espanderebbero a ritmi robusti nell’intero orizzonte considerato e fornirebbero il contributo principale alla crescita del PIL in termini reali. Inoltre, i consumi collettivi e gli investimenti totali dovrebbero aumentare ogni anno tra il 2025 e il 2027 in presenza di investimenti privati che compenserebbero le forti variazioni improvvise (cliff effect) degli investimenti pubblici attese nel 2027 come risultato della scadenza delle sovvenzioni erogate nell’ambito dell’NGEU. Le esportazioni nette contribuirebbero invece negativamente al tasso di incremento del PIL in termini reali nel 2025 e nel 2026, con il contributo delle importazioni (rispettivamente pari a -1,2 e -0,9 punti percentuali) che sarebbe superiore a quello delle esportazioni (rispettivamente di 0,6 e 0,5 punti percentuali); tale andamento è tuttavia parzialmente compensato dall’apporto positivo delle variazioni delle scorte nel 2025 (grafico 2, pannello b). Per quanto concerne queste ultime, la loro forte volatilità nel 2025 è connessa ai processi di accumulo e decumulo di scorte nel contesto degli effetti dell’anticipazione degli acquisti e del loro venir meno.

Grafico 2

PIL in termini reali dell’area dell’euro – scomposizione nelle principali componenti di spesa

a) Proiezioni di settembre 2025

b) Revisioni rispetto alle proiezioni di giugno 2025

(variazioni percentuali sul periodo corrispondente e contributi in punti percentuali)

(punti percentuali e contributi in punti percentuali)

Nota: i dati sono destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative. Le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat a causa della divulgazione dei dati oltre la data di chiusura delle proiezioni. La linea verticale indica l’inizio dell’orizzonte temporale di proiezione. Le revisioni sono calcolate su dati non arrotondati.

Rispetto alle proiezioni dello scorso giugno, il tasso di incremento del PIL in termini reali è stato rivisto verso l’alto di 0,3 punti percentuali per il 2025 e verso il basso di 0,1 punti percentuali per il 2026, mentre rimane invariato per il 2027. La correzione al rialzo per la proiezione relativa al 2025 rispecchia effetti di trascinamento positivi derivanti dalle revisioni dei dati storici, oltre che dati effettivi considerevolmente migliori del previsto per il primo trimestre dell’anno e gli indicatori più recenti che suggeriscono una lieve correzione verso l’alto per la crescita nel terzo trimestre (grafico 3). I dazi leggermente più elevati, la domanda esterna più debole e l’indebolimento della competitività di prezzo connesso al rafforzamento dell’euro più che compensano l’impatto del miglioramento del clima di fiducia sull’attività, determinando una correzione al ribasso di 0,1 punti percentuali per le prospettive di crescita per il 2026. Le prospettive per il 2027 rimangono invariate. In termini di componenti di spesa (grafico 2, pannello b), le revisioni maggiori relative al 2025 riguardano gli investimenti (per oltre la metà connesse agli andamenti volatili degli investimenti in prodotti di proprietà intellettuale in Irlanda) e le esportazioni nette.

Grafico 3

Revisioni delle proiezioni per la crescita del PIL in termini reali rispetto all’esercizio previsivo di giugno 2025 – scomposizione in effetti di trascinamento e infra-annuali

(punti percentuali e contributi in punti percentuali)

Nota: la linea verticale indica l’inizio dell’orizzonte temporale di proiezione. Le revisioni sono basate su dati non arrotondati. L’istogramma a righe rosse mostra l’impatto dei dati relativi al primo e al secondo trimestre dell’anno sulla crescita infra-annuale per il 2025.

Tavola 3

Proiezioni per il PIL in termini reali, per il commercio e per i mercati del lavoro

(variazioni percentuali annue, salvo diversa indicazione; revisioni in punti percentuali)

 

Settembre 2025

Revisioni rispetto a giugno 2025

2024

2025

2026

2027

2024

2025

2026

2027

PIL in termini reali

0,8

1,2

1,0

1,3

0,0

0,3

-0,1

0,0

Consumi privati

1,1

1,3

1,3

1,3

0,1

0,1

0,1

0,1

Consumi collettivi

2,3

1,6

1,1

1,1

-0,3

0,0

-0,1

0,1

Investimenti

-2,1

2,1

1,7

1,8

-0,3

1,4

0,0

-0,1

Esportazioni1)

0,7

1,3

1,1

2,5

-0,4

0,8

-0,5

-0,1

Importazioni1)

-0,2

2,8

2,0

2,7

-0,4

0,9

0,0

0,0

Contributo al PIL fornito da:

Domanda interna

0,6

1,5

1,2

1,3

-0,1

0,3

-0,1

0,0

Esportazioni nette

0,4

-0,6

-0,3

0,0

0,0

0,0

-0,2

-0,1

Variazioni delle scorte

-0,2

0,4

0,1

0,0

0,1

0,0

0,1

0,0

Reddito disponibile reale

2,4

0,9

0,9

0,7

0,2

0,1

-0,1

-0,1

Saggio di risparmio delle famiglie (% del reddito disponibile)

15,0

14,8

14,5

14,0

0,0

0,1

0,0

-0,1

Occupazione2)

1,0

0,6

0,5

0,5

0,0

0,0

0,0

-0,1

Tasso di disoccupazione

6,4

6,4

6,3

6,1

0,0

0,1

0,0

0,1

Partite correnti (% del PIL)

2,6

2,4

2,5

2,5

-0,1

-0,3

-0,1

-0,1

Nota: le proiezioni riguardanti il PIL in termini reali e le sue componenti si basano su dati destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative. Le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat a causa della divulgazione dei dati oltre la data di chiusura delle proiezioni. Le revisioni sono calcolate su dati arrotondati. È possibile scaricare statistiche, con frequenza anche trimestrale, dalla banca dati delle proiezioni macroeconomiche disponibile nel sito Internet della BCE.
1) Incluso l’interscambio verso l’interno dell’area dell’euro.
2) Lavoratori dipendenti.

I consumi privati dovrebbero rafforzarsi grazie all’aumento dei redditi da lavoro e al calo graduale del tasso di risparmio. La crescita dei consumi privati è proseguita nel primo trimestre del 2025 e verosimilmente anche nel secondo, nonostante una lieve moderazione rispetto alla fine del 2024 sulla scia del calo della fiducia in presenza di tensioni commerciali. Il tasso di incremento annuo della spesa delle famiglie dovrebbe salire da circa lo 0,8% nel periodo 2023-2024 all’1,3% nel periodo 2025-2027. Questa ripresa riflette in larga parte l’aumento del reddito disponibile reale, favorito principalmente dai redditi da lavoro oltre che, in misura inferiore, dai redditi non da lavoro e in particolare dai redditi derivanti da lavoro autonomo. Inoltre, i consumi privati dovrebbero beneficiare di un moderato calo del tasso di risparmio nel contesto della graduale normalizzazione del comportamento di spesa e di risparmio dei consumatori. L’atteso recupero graduale del clima di fiducia dei consumatori verso la norma storica nel medio periodo, in presenza di prospettive complessivamente solide per il mercato del lavoro, potrebbe contribuire alla diminuzione graduale del tasso di risparmio delle famiglie (grafico 4). Quest’ultimo rimarrebbe tuttavia elevato nell’insieme, rispecchiando il fatto che i tassi di interesse sono ancora lievemente superiori ai livelli medi storici e che le condizioni di accesso al credito permangono restrittive.

Grafico 4

Consumi, reddito e risparmio delle famiglie

(variazioni percentuali sul periodo corrispondente e contributi in punti percentuali)

Nota: i dati sono destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative. Un aumento del tasso di risparmio delle famiglie implica un contributo negativo del risparmio alla crescita dei consumi. Le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat a causa della divulgazione dei dati oltre la data di chiusura delle proiezioni. Discrepanze statistiche fra i conti nazionali e settoriali e i loro diversi piani di pubblicazione si traducono in lievi differenze tra i dati sulla crescita dei consumi privati e i rispettivi contributi forniti dal reddito e dall’inverso della variazione del saggio di risparmio delle famiglie. La linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione.

Secondo le stime gli investimenti nell’edilizia residenziale avrebbero subito una contrazione nel secondo trimestre del 2025, ma dovrebbero recuperare nel periodo in esame sulla scia delle condizioni di finanziamento favorevoli e dell’aumento del reddito reale delle famiglie. Gli investimenti in abitazioni sarebbero diminuiti secondo le stime nel secondo trimestre del 2025, dopo gli andamenti robusti del primo, ma dovrebbero espandersi a un ritmo crescente nei trimestri a venire. Questa ripresa riflette il miglioramento della domanda di alloggi, come altresì evidenziato dal recente aumento del numero di concessioni edilizie per gli edifici residenziali, e va ricondotta al calo costante dei tassi sui mutui ipotecari dalla fine del 2023 oltre che al sostegno fornito dalla continua crescita del reddito reale delle famiglie.

Benché distorti da fattori connessi ai dazi nel breve periodo, gli investimenti delle imprese dovrebbero recuperare gradualmente a medio termine grazie al miglioramento dell’attività economica, al calo dell’incertezza e all’impatto delle politiche nazionali. Si stima che gli investimenti delle imprese dell’area dell’euro abbiano ristagnato nel secondo trimestre dopo il lieve rialzo, riconducibile agli effetti di anticipazione in vista dell’aumento dei dazi, osservato nel primo trimestre anche al netto della volatilità degli investimenti in prodotti di proprietà intellettuale irlandesi. Nel terzo trimestre dovrebbero registrare una leggera contrazione dovuta al venir meno degli effetti di anticipazione oltre che all’elevata incertezza sul piano delle politiche, all’aumento dei dazi e all’apprezzamento dell’euro. Gli investimenti aumenterebbero gradualmente a partire dal quarto trimestre del 2025 in un contesto in cui la domanda sia interna sia esterna si espande, l’incertezza diminuisce e l’attuazione di politiche a livello nazionale incentiva ulteriori investimenti privati connessi alla difesa e alle infrastrutture.

Le prospettive per le esportazioni dell’area dell’euro sono ancora frenate dall’aumento dei dazi statunitensi, dall’apprezzamento dell’euro e dalle persistenti pressioni concorrenziali. L’imposizione dei dazi statunitensi come indicato nell’accordo commerciale tra Stati Uniti e Unione europea (riquadro 1) ha esercitato un’ulteriore azione di freno sulle prospettive per le esportazioni dell’area dell’euro. Le imprese dell’area incontreranno verosimilmente difficoltà nel competere con i produttori nazionali nel mercato statunitense, mentre i dazi imposti sui prodotti provenienti dall’area sono generalmente inferiori a quelli applicati ai prodotti di altre economie esportatrici. Al tempo stesso, l’apprezzamento dell’euro dovrebbe altresì ridurre la competitività dei beni dell’area nei mercati mondiali nel medio periodo. Ciò si tradurrebbe in guadagni di competitività complessivamente limitati per l’area dell’euro nel confronto con gli altri partner commerciali degli Stati Uniti, mentre la competitività di prezzo rispetto ai produttori statunitensi si è chiaramente deteriorata (grafico 5).

Grafico 5

Variazioni dei dazi effettivi e dei tassi di cambio nel mercato degli Stati Uniti dopo l’insediamento dell’attuale amministrazione statunitense

(punti percentuali)

Fonti: World Bank World Integrated Trade Solution, Trade Data Monitor, BACI (Base pour l’Analyse du Commerce International) del CEPII, BCE ed elaborazioni degli esperti della BCE.
Nota: il dazio effettivo più recente è calcolato esclusivamente per i beni e comprende i nuovi dazi sul contenuto di alluminio e di acciaio dei prodotti inclusi nel nuovo elenco di 407 categorie merceologiche, applicabile a tutti i paesi, e il dazio del 50% applicabile all’India. Le variazioni del tasso di cambio sono calcolate sulla base della finestra di dieci giorni fino al 15 agosto rispetto alla finestra di dieci giorni fino al 17 gennaio 2025. L’aggregato “Escl. AE” è calcolato sulla base dei 23 principali partner commerciali degli Stati Uniti che, insieme all’area dell’euro (AE), rappresentano l’89% del commercio totale di beni di tale paese. Il dazio effettivo per l’area dell’euro include il regime tariffario specificato nella dichiarazione congiunta di Stati Uniti e Unione europea del 21 agosto, con i dazi sulle autovetture e sulle componenti automobilistiche fissati al 15%.

L’incertezza sulle politiche commerciali è diminuita, fornendo un leggero beneficio, ma rimane su livelli elevati rispetto ai valori storici. In particolare, permane una lieve incertezza riguardo all’intesa commerciale raggiunta tra gli Stati Uniti e l’Unione europea in materia di prodotti farmaceutici e di semiconduttori (al momento i relativi dazi sono ancora invariati rispetto al periodo antecedente l’insediamento dell’attuale amministrazione statunitense, ma potrebbero salire fino al massimale del 15% dopo l’indagine in corso negli Stati Uniti ai sensi della Sezione 232) e questo potrebbe esercitare un impatto ulteriore sulle esportazioni dell’area dell’euro. Anche se queste ultime hanno registrato un forte aumento nel primo trimestre, riconducibile all’anticipazione degli ordinativi da parte delle imprese in vista di un aumento dei dazi statunitensi, tale slancio è venuto meno con il riassorbirsi degli effetti dell’anticipazione. In prospettiva ci si attende che le esportazioni dell’area fatichino a tenere il passo con la domanda mondiale a causa di problemi di competitività e questo determinerebbe verosimilmente ulteriori perdite di quote di mercato delle esportazioni. Rispetto alle proiezioni dello scorso giugno, la crescita delle esportazioni dell’area dell’euro è stata rivista verso l’alto per il 2025 (all’1,3%, di riflesso allo stimolo temporaneo nel primo trimestre dovuto all’anticipazione degli ordinativi) e verso il basso (all’1,1%) per il 2026, ma si prevede che successivamente recuperi salendo al 2,5% nel 2027.

Per quanto riguarda le importazioni dell’area dell’euro, il tasso di incremento sarebbe robusto e pari al 2,8% nel 2025, al 2,0% nel 2026 e al 2,7% nel 2027. Ciò sarebbe dovuto in parte all’anticipazione delle esportazioni agli inizi del 2025, al considerevole aumento degli acquisti dalla Cina e all’espansione degli investimenti interni. Il contributo dell’interscambio netto alla crescita nell’area dell’euro sarebbe complessivamente negativo e pari a -0,6 punti percentuali nel 2025 e a -0,3 punti percentuali nel 2026, mentre risulterebbe neutro nel 2027.

Il mercato del lavoro continuerebbe a evidenziare nell’insieme una buona tenuta, con il tasso di disoccupazione che diminuirebbe nel 2026 e nel 2027. Il tasso di disoccupazione dovrebbe aumentare nel 2025, raggiungendo un massimo nella seconda metà dell’anno (grafico 6, pannello a). Successivamente scenderebbe nel medio periodo fino a raggiungere un minimo storico del 6,0% nel quarto trimestre del 2027. La crescita delle forze di lavoro dovrebbe diminuire nell’orizzonte temporale di riferimento (per motivi in parte riconducibili agli andamenti demografici), determinando altresì un calo del numero di lavoratori disoccupati a medio termine (parzialmente a causa del minor tasso di disoccupazione dei lavoratori più anziani). Rispetto alle proiezioni di giugno degli esperti, il tasso di disoccupazione sarebbe sostanzialmente invariato e oscillerebbe all’interno di un intervallo ristretto compreso fra il 6,0% e il 6,4% nel periodo in esame. Per il 2027 è stato rivisto al rialzo di 0,1 punti percentuali.

Grafico 6

Tasso di disoccupazione e occupazione

a) Tasso di disoccupazione

b) Occupazione

(percentuale delle forze di lavoro)

(indice: 1° trim. 2022 = 100)

Nota: la linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione.

L’occupazione dovrebbe rallentare nell’orizzonte temporale di proiezione. Il suo tasso di incremento sarebbe complessivamente pari allo 0,6% nel 2025 (grafico 6, pannello b), a indicare una dinamica robusta nel breve periodo. Tale aumento persistente nel 2025 è dovuto in parte alla robusta espansione delle forze di lavoro, che dovrebbe tuttavia ridursi nell’arco di tempo considerato limitando la crescita dell’occupazione. Quest’ultima è stata lievemente inferiore a quanto prospettato nelle proiezioni di giugno nel primo trimestre del 2025, ma leggermente superiore nel secondo e ci si attende che rimanga più elevata del previsto per tutto il resto dell’anno.

La crescita della produttività del lavoro è stata maggiore nel 2025 rispetto a quanto prospettato nelle proiezioni precedenti e ci si aspetta che prosegua la sua ripresa ciclica. Per l’intero orizzonte temporale di riferimento rimarrebbe positiva ma ben inferiore alla tendenza osservata prima della pandemia (grafico 7). La velocità della ripresa è ancora limitata da fattori strutturali quali la ricomposizione graduale dell’attività economica a favore del settore dei servizi, il costo della transizione ecologica, un impatto negativo durevole dello shock dal lato dei prezzi dell’energia, l’adozione lenta di tecnologie altamente innovative basate sull’intelligenza artificiale e l’invecchiamento della popolazione. L’aumento nel 2025 rispetto alle proiezioni di giugno va ricondotto principalmente alla revisione al rialzo per la crescita del PIL, dovuta in larga parte agli andamenti dei dati irlandesi che hanno introdotto una lieve volatilità nella serie. Come conseguenza di questa correzione dei dati passati, la crescita della produttività del lavoro nel primo trimestre del 2025 è stata rivista verso l’alto di 0,4 punti percentuali. Per l’insieme dell’anno è stata corretta al rialzo di 0,2 punti percentuali nel confronto con le proiezioni di giugno. Per il 2026 è stata oggetto di una revisione al ribasso riconducibile principalmente a una correzione verso il basso del tasso di incremento del PIL, mentre la crescita dell’occupazione è rimasta sostanzialmente invariata.

Grafico 7

Produttività del lavoro per dipendente

a) Livello di produttività del lavoro

(indice: 1° trim. 2022 = 100)


b) Tasso di crescita della produttività del lavoro

(tasso di crescita sul periodo corrispondente)

Nota: la linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione.

4 Prospettive per i conti pubblici

L’intonazione delle politiche di bilancio nell’area dell’euro dovrebbe risultare solo lievemente più restrittiva nel 2025, per poi allentarsi nel 2026 e tornare a inasprirsi, in misura leggermente maggiore, nel 2027 (tavola 4)[6]. Dopo essersi significativamente inasprito nel 2024 per motivi riconducibili sia a fattori non discrezionali sia alle misure fiscali, l’orientamento delle politiche di bilancio dovrebbe irrigidirsi solo lievemente nel 2025 soprattutto a causa di provvedimenti discrezionali dal lato delle entrate. Tra questi figurano gli incrementi dei contributi sociali e, in misura inferiore, delle imposte dirette e indirette[7] che sono in parte compensati dalla continua crescita della spesa pubblica e dall’allentamento fiscale connesso a fattori non discrezionali[8]. Per il 2026 le proiezioni indicano un allentamento dell’intonazione di bilancio dovuto soprattutto alla crescita degli investimenti pubblici. Ciò riflette l’inclusione dei maggiori stanziamenti per difesa e infrastrutture, particolarmente in Germania (nel periodo 2026-2027), nello scenario di base delle proiezioni a partire dall’esercizio di giugno 2025, oltre che l’elevata crescita degli investimenti finanziati a titolo dell’NGEU in Italia, in Spagna e in altri paesi. Nel 2027 l’inasprirsi dell’orientamento delle politiche fiscali corretto per l’NGEU e delle misure discrezionali rispecchia soprattutto l’ipotizzato calo della spesa pubblica connesso alla scadenza dei sussidi a titolo dell’NGEU e fattori non discrezionali lievemente più restrittivi[9].

Rispetto alle proiezioni dello scorso giugno, le misure discrezionali di bilancio incorporate nello scenario di base indicano un inasprimento fiscale aggiuntivo solo lieve nell’orizzonte temporale considerato, particolarmente nel 2026. Questo inasprimento delle misure discrezionali, pari a meno di 0,1 punti percentuali del PIL in termini cumulati nel periodo in esame, sarebbe principalmente riconducibile al 2026 e parzialmente riassorbito nel 2027. Assieme a una leggera revisione riguardante i fattori non discrezionali, ciò determinerebbe un’intonazione delle politiche di bilancio più restrittiva di quasi 0,1 punti percentuali rispetto a quanto previsto nelle proiezioni di giugno nel periodo 2025-2027. L’inasprimento è dovuto soprattutto alle correzioni al rialzo delle imposte indirette nette. Altre fonti di revisioni includono la minore crescita dei consumi collettivi e l’aumento delle imposte dirette. Nel 2027 un orientamento di bilancio lievemente meno restrittivo nel confronto con l’esercizio di giugno rispecchia soprattutto correzioni al rialzo riguardanti i consumi collettivi e i trasferimenti fiscali in vari paesi.

Tavola 4

Prospettive per le finanze pubbliche nell’area dell’euro

(in percentuale del PIL, revisioni in punti percentuali)

 

Settembre 2025

Revisioni rispetto a giugno 2025

2024

2025

2026

2027

2024

2025

2026

2027

Orientamento delle politiche di bilancio1)

1,0

0,1

-0,2

0,4

0,1

0,1

0,1

-0,1

Saldo di bilancio delle amministrazioni pubbliche

-3,1

-2,9

-3,2

-3,4

0,0

0,1

0,2

0,1

Saldo strutturale di bilancio2)

-3,0

-2,9

-3,1

-3,3

0,1

0,1

0,2

0,2

Debito lordo delle amministrazioni pubbliche

87,4

88,0

89,1

89,8

-0,1

-0,5

-0,5

-0,4

Nota: le revisioni sono basate su dati non arrotondati.
1) Misurato come variazione del saldo primario di bilancio corretto per il ciclo, al netto del sostegno pubblico a favore del settore finanziario. I dati riportati sono altresì corretti per i sussidi a titolo del programma NGEU, che non incidono sull’economia dal lato delle entrate. Un valore negativo (positivo) implica un allentamento (inasprimento) delle politiche di bilancio.
2) Calcolato come saldo delle amministrazioni pubbliche al netto degli effetti transitori del ciclo economico (o saldo primario di bilancio corretto per gli effetti del ciclo, menzionato in precedenza, più spesa per interessi) e al netto delle misure classificate come temporanee ai sensi della definizione del Sistema europeo di banche centrali.

Per quanto concerne le prospettive per le finanze pubbliche nell’area dell’euro, il disavanzo di bilancio e il debito in rapporto al PIL dovrebbero continuare ad aumentare nell’orizzonte temporale di riferimento, seppur in misura inferiore a quanto previsto nelle proiezioni di giugno (tavola 4). Dopo il calo atteso nel 2025, il disavanzo di bilancio dell’area dell’euro dovrebbe aumentare e raggiungere il 3,4% del PIL entro la fine dell’arco di tempo considerato. Ciò va ricondotto principalmente alla spesa per interessi, seguita dal lieve deterioramento del saldo primario corretto per il ciclo e della componente ciclica del saldo di bilancio. Rispetto all’esercizio di giugno, il saldo di bilancio è stato rivisto al rialzo per l’intero periodo in esame, ma soprattutto a partire dal 2026, principalmente a causa dell’ulteriore inasprimento delle misure fiscali discrezionali menzionate in precedenza. Il rapporto debito/PIL dell’area dell’euro seguirebbe un andamento ascendente in un contesto in cui i perduranti disavanzi primari e i raccordi disavanzo-debito positivi più che compensano i differenziali favorevoli, ancorché in aumento, fra tasso di interesse e tasso di crescita.

Le ipotesi e le proiezioni per le politiche fiscali nell’area dell’euro continuano a essere caratterizzate da un alto grado di incertezza. Tale incertezza è principalmente connessa a piani di spesa per la difesa non ancora specificati, dopo il vertice NATO dello scorso giugno, oltre che ai piani di bilancio concreti dei governi dell’area dell’euro per il 2026 e per gli anni successivi nel contesto del quadro di riferimento dell’UE per le politiche di bilancio. Maggiori informazioni al riguardo dovrebbero rendersi disponibili in autunno. Vi è infine incertezza legata ai rischi politici in diverse giurisdizioni.

5 Prezzi e costi

L’inflazione complessiva dovrebbe collocarsi in media al 2,1% nel 2025 e all’1,7% nel 2026, per poi salire all’1,9% nel 2027 (grafico 8). Ci si attende che rimanga prossima al 2% nel resto del 2025, per poi scendere al di sotto del 2% e mantenersi su tale livello per tutto il 2026. Il profilo dell’inflazione complessiva nella prima metà del 2026 è fortemente influenzato da effetti base nella componente energetica, che spiegano la flessione iniziale all’1,6% nel primo trimestre seguita da un recupero nel secondo. Nello specifico, il calo atteso nel 2026 rifletterebbe la diminuzione del tasso misurato sull’HICPX – specialmente per la componente dei servizi – e dell’inflazione dei beni alimentari, cui si accompagna un tasso di variazione dei prezzi dei beni energetici lievemente negativo (grafico 9). L’aumento all’1,9% nel 2027 rispecchia l’impatto al rialzo esercitato dalla componente energetica riconducibile alle misure di bilancio relative alle politiche di transizione legate ai cambiamenti climatici, in particolare all’introduzione di un nuovo sistema di scambio di quote di emissione (ETS2)[10]. L’inflazione misurata sull’HICPX dovrebbe moderarsi ulteriormente fino alla prima metà del 2026 e successivamente stabilizzarsi attorno all’1,8% nel resto del periodo considerato.

Grafico 8

IAPC dell’area dell’euro

(variazioni percentuali sui dodici mesi)

Nota: la linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione. Gli intervalli di valori delle proiezioni centrali forniscono una misura del grado di incertezza e sono simmetrici per definizione. Si basano sugli errori di proiezione passati, al netto della correzione per i valori anomali. Le bande, dalla più scura alla più chiara, descrivono una probabilità del 30%, del 60% e del 90% che il dato relativo all’inflazione misurata sullo IAPC rientri nei rispettivi intervalli. Per maggiori dettagli, cfr. il riquadro “Un’illustrazione dell’incertezza che caratterizza le proiezioni” delle Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate dagli esperti della BCE, marzo 2023.

Grafico 9

Inflazione dell’area dell’euro misurata sullo IAPC – scomposizione nelle principali componenti

(variazioni percentuali sui dodici mesi, punti percentuali)

Nota: la linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione.

Il tasso di variazione dei prezzi dell’energia resterebbe negativo fino all’ultima parte del 2026 e successivamente evidenzierebbe un recupero nel 2027 a causa delle misure di bilancio connesse ai cambiamenti climatici (grafico 10, pannello a). Fino alla prima parte del 2026 ci si attendono tassi considerevolmente negativi, derivanti soprattutto dagli andamenti della componente dei carburanti per il trasporto, che riflettono il profilo sostanzialmente piatto dell’ipotesi sui corsi petroliferi (riquadro 1) nonché un effetto base al ribasso per il primo trimestre del 2026. Agli inizi del 2026 l’atteso abbassamento dei prezzi dell’elettricità in Germania dovuto alla riduzione delle imposte e delle tariffe di rete eserciterebbe altresì un impatto contenuto verso il basso. L’aumento dell’inflazione per la componente energetica dal -1,1% nel 2026 al 2,4% nel 2027 riflette in larga parte un impatto verso l’alto derivante dall’attuazione del pacchetto “Pronti per il 55%” dell’UE e specificamente del nuovo ETS2 relativo al riscaldamento degli edifici e ai carburanti per autotrazione.

Grafico 10

Prospettive per le componenti energetica e alimentare dello IAPC

a) IAPC - energia

(variazioni percentuali annue)


b) IAPC - beni alimentari

(variazioni percentuali annue)

Nota: la linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione.

Dopo il forte aumento recente, l’inflazione per la componente alimentare dovrebbe moderarsi a partire dall’ultimo trimestre del 2025, scendendo in prossimità del 2,0% nella seconda metà del 2026 per poi salire lievemente nel periodo successivo (grafico 10, pannello b). Il tasso di variazione dei prezzi dei beni alimentari salirebbe ulteriormente al 3,2% nel terzo trimestre del 2025 di riflesso alla trasmissione dei rincari delle materie prime alimentari (specialmente cacao e caffè) e delle condizioni meteorologiche sfavorevoli (ad esempio le recenti ondate di calore). La successiva moderazione fino alla metà del 2026 rispecchia un allentamento delle ipotesi relative ai prezzi delle materie prime alimentari a livello internazionale e dell’area dell’euro accompagnato da un effetto base al ribasso derivante dai forti aumenti registrati alla metà del 2025. L’inflazione dei beni alimentari dovrebbe collocarsi su una media del 2,3% sia nel 2026 sia nel 2027, al di sotto del livello medio di lungo periodo, in linea con l’ipotesi di andamenti favorevoli dei prezzi di energia e alimentari e di un’attenuazione delle spinte dal lato del costo del lavoro.

Tavola 5

Andamenti dei prezzi e dei costi nell’area dell’euro

(variazioni percentuali annue, revisioni in punti percentuali)

 

Settembre 2025

Revisioni rispetto a giugno 2025

2024

2025

2026

2027

2024

2025

2026

2027

IAPC

2,4

2,1

1,7

1,9

0,0

0,1

0,1

-0,1

IAPC al netto dell’energia

2,9

2,5

2,0

1,9

0,0

0,0

0,0

-0,1

IAPC al netto di energia e alimentari

2,8

2,4

1,9

1,8

0,0

0,0

0,0

-0,1

IAPC al netto di energia, alimentari e variazioni delle imposte indirette

2,8

2,3

1,9

1,8

0,0

-0,1

0,0

-0,1

IAPC - beni industriali non energetici

0,8

0,6

0,4

0,8

0,0

0,0

-0,3

-0,1

IAPC - servizi

4,0

3,4

2,7

2,3

0,0

0,0

0,1

-0,1

IAPC - energia

-2,2

-1,6

-1,1

2,4

0,0

0,7

1,0

-0,3

IAPC - alimentari

2,9

2,9

2,3

2,3

0,0

0,2

-0,1

0,0

Deflatore del PIL

3,0

2,3

2,1

2,0

0,1

0,0

0,1

-0,1

Deflatore delle importazioni

-0,4

0,1

0,6

1,7

0,1

-0,3

-0,6

-0,3

Costo del lavoro per dipendente

4,5

3,4

2,7

2,7

0,0

0,2

-0,1

-0,1

Produttività del lavoro per dipendente

-0,2

0,6

0,5

0,8

-0,1

0,2

-0,2

0,0

Costo unitario del lavoro

4,7

2,8

2,2

1,9

0,0

0,0

0,1

-0,1

Utili unitari1)

-1,4

0,8

1,6

2,0

0,0

-0,1

-0,4

-0,2

Nota: le revisioni sono calcolate utilizzando dati arrotondati a un decimale. I valori riguardanti i deflatori del PIL e delle importazioni, il costo unitario del lavoro, il costo del lavoro per dipendente e la produttività del lavoro per dipendente si basano su dati destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative. Le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat a causa della divulgazione dei dati oltre la data di chiusura delle proiezioni. È possibile scaricare statistiche, con frequenza anche trimestrale, dalla banca dati delle proiezioni macroeconomiche disponibile nel sito Internet della BCE.
1) Gli utili unitari sono definiti come margine operativo lordo e reddito misto (corretto per il reddito dei lavoratori autonomi) per unità di PIL in termini reali.

L’inflazione misurata sull’HICPX scenderebbe dal 2,4% nel 2025 all’1,9% nel 2026 e all’1,8% nel 2027 (grafico 11) in un contesto in cui continuano ad attenuarsi gli effetti dei forti shock passati sulla componente dei servizi. Il lieve calo osservato nella prima metà del 2025 dovrebbe proseguire sino alla prima metà del 2026; nel resto del periodo di riferimento, il tasso calcolato sull’HICPX si collocherebbe su una media dell’1,8%. La diminuzione va ricondotta principalmente alla componente dei servizi e riflette in larga parte l’attenuazione delle spinte dal lato del costo del lavoro, mentre l’impatto dei passati shock dal lato delle catene di approvvigionamento e dei prezzi dell’energia è venuto sostanzialmente meno. L’inflazione dei beni industriali non energetici sarebbe inizialmente frenata dall’apprezzamento dell’euro e successivamente registrerebbe un lieve aumento nel 2027 verso la media storica di circa l’1%, un andamento che dovrebbe controbilanciare la lieve moderazione dell’inflazione nei servizi e che implica movimenti laterali generalizzati del tasso calcolato sull’HICPX nell’ultima parte dell’orizzonte temporale della proiezione.

Grafico 11

Inflazione nell’area dell’euro misurata sullo IAPC al netto dell’energia e dei beni alimentari

(variazioni percentuali annue)

Nota: la linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione. Gli intervalli di valori delle proiezioni centrali forniscono una misura del grado di incertezza e sono simmetrici per definizione. Si basano sugli errori di proiezione passati, al netto della correzione per i valori anomali. Le bande, dalla più scura alla più chiara, descrivono una probabilità del 30%, del 60% e del 90% che il dato relativo all’inflazione misurata sull’HICPX rientri nei rispettivi intervalli. Per maggiori dettagli, cfr. il riquadro “Un’illustrazione dell’incertezza che caratterizza le proiezioni” delle Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate dagli esperti della BCE, marzo 2023.

Rispetto alle proiezioni dello scorso giugno emerge che le prospettive per l’inflazione complessiva misurata sullo IAPC sono state riviste verso l’alto di 0,1 punti percentuali sia per il 2025 sia per il 2026 e verso il basso di 0,1 punti percentuali per il 2027 (grafico 12). La revisione al rialzo per il 2025 riflette l’aumento nelle componenti dei beni energetici e alimentari, principalmente a causa di dati superiori al previsto e di ipotesi di prezzi più alti del petrolio e dell’elettricità, oltre che gli effetti ritardati dei passati incrementi delle quotazioni delle materie prime alimentari a livello internazionale. Per il 2026 l’inflazione dei beni energetici è altresì lievemente più elevata in ragione del minore impatto di freno esercitato dalla misura connessa ai prezzi amministrati dell’elettricità in Germania. Il tasso calcolato sull’HICPX è invariato per il 2025 e il 2026, con piccole revisioni nelle componenti dei servizi e dei beni industriali non energetici che si compensano a vicenda, mentre è stata corretta al ribasso di 0,1 punti percentuali per il 2027 riflettendo principalmente l’impatto del rafforzamento dell’euro. Unitamente a un lieve calo nella componente dei beni energetici, queste revisioni implicano un’inflazione complessiva più bassa nel 2027 secondo le proiezioni.

Grafico 12

Revisioni delle proiezioni per l’inflazione rispetto all’esercizio previsivo di giugno 2025

(punti percentuali)

Nota: le revisioni sono calcolate su dati non arrotondati.

La crescita dei salari nominali dovrebbe diminuire nel 2025 e nel 2026 con l’attenuarsi delle pressioni dal lato delle misure di compensazione per l’inflazione; nel 2027 non evidenzierebbe alcuna tendenza significativa attestandosi su livelli superiori alla media grazie alle condizioni tese nel mercato del lavoro. Il tasso di incremento del costo del lavoro per dipendente sarebbe sceso secondo le stime nel secondo trimestre del 2025, pur collocandosi su un livello superiore a quello previsto nelle proiezioni di giugno, e registrerebbe un ulteriore calo da una media del 3,4% nel 2025 al 2,7% sia nel 2026 sia nel 2027 (a fronte di una media di lungo periodo del 2,5%) (grafico 13). Tale profilo riflette l’apporto inizialmente inferiore dei contributi previdenziali e dell’inerzia salariale, mentre vi sarebbe un rallentamento ulteriore solo molto lieve delle retribuzioni contrattuali (corroborato dall’indice salariale della BCE). Si stima che i salari reali siano tornati sui livelli osservati prima del forte aumento dell’inflazione, ma ci si attende che continuino a registrare tassi di crescita lievemente superiori a quelli della produttività per gran parte del periodo in esame nel contesto di condizioni ancora tese nel mercato del lavoro. La quota salariale non evidenzierebbe alcuna tendenza significativa nell’arco di tempo considerato, mantenendosi lievemente al di sopra della media di lungo periodo. In confronto alle proiezioni del giugno scorso, la crescita del costo del lavoro per dipendente è stata oggetto di una revisione al rialzo di 0,2 punti percentuali per il 2025, dovuta principalmente a dati diversi dal previsto per la prima metà dell’anno, mentre per il resto dell’orizzonte temporale di riferimento le prospettive indicano un tasso inferiore di 0,1 punti percentuali e in linea con un lieve allentamento delle condizioni nel mercato del lavoro.

Grafico 13

Prospettive per la dinamica salariale

(variazioni percentuali annue)

Nota: la linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione. I dati riportati si riferiscono al costo del lavoro per dipendente.

La crescita del costo del lavoro per unità di prodotto dovrebbe ridursi ulteriormente nell’arco di tempo considerato a causa della minore dinamica salariale e dell’accelerazione della produttività. Il tasso di incremento del costo unitario del lavoro avrebbe continuato a diminuire secondo le stime nella prima metà del 2025. Una decelerazione del costo del lavoro per dipendente ne implica un calo ulteriore nella seconda metà dell’anno; successivamente, si collocherebbe su una media del 2,2% nel 2026 e dell’1,9% nel 2027 (sostanzialmente in linea con la media storica). Rispetto alle proiezioni dello scorso giugno la crescita del costo del lavoro per unità di prodotto è invariata per il 2025, mentre è stata rivista al rialzo di 0,1 punti percentuali per il 2026 a causa del rallentamento della produttività. Per il 2027, la correzione al ribasso di 0,1 punti percentuali è dovuta alla minore dinamica salariale.

Le pressioni interne sui prezzi, misurate dalla crescita del deflatore del PIL, continuerebbero a diminuire nel 2025 e si stabilizzerebbero a partire dal 2026 quando il calo delle pressioni dal lato del costo del lavoro per unità di prodotto consente un aumento dei margini di profitto (grafico 14). In presenza di una lieve volatilità nel corso del 2025, il tasso di variazione del deflatore del PIL scenderebbe da una media del 2,3% nel 2025 al 2,1% nel 2026 e al 2,0% nel 2027. Con la moderazione del ritmo di incremento del costo del lavoro per unità di prodotto, la crescita dei profitti unitari dovrebbe continuare a espandersi nell’orizzonte temporale della proiezione grazie anche alla ripresa economica, all’accelerazione della produttività e a un temporaneo effetto contabile favorevole nel 2027 connesso al trattamento statistico dell’ETS2[11]. Rispetto alle proiezioni del giugno scorso, il tasso di variazione del deflatore del PIL è invariato per il 2025 mentre è stato rivisto al rialzo di 0,1 punti percentuali per il 2026 e al ribasso di 0,1 punti percentuali per il 2027.

Dopo un calo dei prezzi all’importazione sino alla fine del 2025 per motivi principalmente riconducibili all’apprezzamento dell’euro, ci si attende che l’inflazione per questa componente aumenti con il venir meno degli effetti di freno esercitati dal passato apprezzamento. In termini annui la crescita del deflatore delle importazioni salirebbe dallo 0,1% nel 2025 allo 0,6% nel 2026 e, in misura maggiore, all’1,7% nel 2027 (grafico 14). Le revisioni al ribasso dell’inflazione dei prezzi all’importazione nell’intero arco temporale di riferimento rispetto alle proiezioni di giugno riflettono inizialmente il rafforzamento dell’euro e le ipotesi di calo delle quotazioni delle materie prime alimentari sui mercati internazionali e dei prezzi alla produzione delle materie prime alimentari dell’area dell’euro. Tuttavia, nel prosieguo del periodo considerato sono principalmente connesse al profilo più piatto delle ipotesi relative ai corsi delle materie prime energetiche. Le prospettive per la crescita dei prezzi all’importazione rimangono caratterizzate da elevata incertezza sia verso il basso (per esempio per il calo dei prezzi delle esportazioni cinesi) sia verso l’alto (ad esempio per carenze dal lato dell’offerta). Per analisi di sensibilità su queste materie, cfr. la sezione 6.

Grafico 14

Pressioni interne sui prezzi

(variazioni percentuali sui dodici mesi, contributi in punti percentuali)

Nota: la linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione.

6 Analisi di sensibilità

6.1 Profili alternativi dei prezzi dell’energia

Profili alternativi per i prezzi del petrolio e del gas suggeriscono alcuni rischi al rialzo per l’inflazione nel 2026 e nel 2027. Le proiezioni degli esperti si basano sulle ipotesi tecniche illustrate nel riquadro 1. Questa analisi di sensibilità fornisce un profilo alternativo al ribasso e uno al rialzo calcolati con il 25° e il 75° percentile delle densità delle probabilità neutrali al rischio implicite nelle opzioni per il prezzo sia del petrolio sia del gas[12]. Secondo tali densità, la distribuzione dei rischi per i corsi petroliferi è sostanzialmente simmetrica attorno allo scenario di base. I rischi al rialzo, quali ad esempio l’imposizione di ulteriori sanzioni concernenti il petrolio russo e iraniano o un possibile inasprimento delle tensioni in Medio Oriente, sono bilanciati da rischi al ribasso derivanti dall’impatto economico potenzialmente persistente degli annunci iniziali di dazi statunitensi o da aumenti superiori al previsto dell’offerta da parte dell’OPEC+. Per contro, la distribuzione dei prezzi del gas indica lievi rischi verso l’alto per le ipotesi tecniche (grafico 15) che riflettono verosimilmente incertezze dal lato dell’offerta. Tali incertezze sono associate alle turbative sul mercato mondiale del gas naturale liquefatto (GNL), potenzialmente legate alla forte domanda di GNL da parte dell’Asia, e ai rischi connessi al mercato europeo. In particolare, sono stati sollevati dubbi circa la fattibilità del piano della Commissione europea di eliminare gradualmente tutte le importazioni di gas russo entro il 2027 e questo ha alimentato preoccupazioni che potrebbero esercitare spinte verso l’alto sui prezzi del gas. Sono comunque presenti rischi verso il basso, particolarmente in caso di impatto duraturo dell’incertezza legata alle politiche commerciali o di progressi significativi nella risoluzione della guerra russa contro l’Ucraina, che potrebbero a loro volta determinare un allentamento delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti sugli impianti di GNL russi. Viene altresì condotta un’analisi basata su ipotesi di prezzi costanti sia per il petrolio sia per il gas. In ciascun caso si calcola un indice sintetico dei prezzi dei prodotti energetici (una media ponderata dei profili per le quotazioni del petrolio e del gas) e si valutano gli effetti utilizzando modelli macroeconomici della BCE e dell’Eurosistema. I risultati medi ottenuti con questi modelli sono riportati nella tavola 6.

Grafico 15

Profili alternativi delle ipotesi relative ai prezzi dell’energia

a) Ipotesi per il prezzo del petrolio

(USD al barile)


b) Ipotesi per il prezzo del gas

(EUR per MWh)

Fonti: Morningstar ed elaborazioni della BCE.
Nota: le densità delle probabilità implicite nelle opzioni per il prezzo del gas e del petrolio sono ricavate dalle quotazioni di mercato alla data del 15 agosto 2025 per le opzioni sui contratti future dell’ICE sul greggio di qualità Brent e sui contratti future sul gas TTF olandese con scadenze trimestrali fisse.

Tavola 6

Profili alternativi dei prezzi dell’energia e loro impatto sulla crescita del PIL in termini reali e sull’inflazione misurata sullo IAPC

Profilo 1: 25° percentile

Profilo 2: 75° percentile

Profilo 3: prezzi costanti

2025

2026

2027

2025

2026

2027

2025

2026

2027

(deviazione dai livelli dello scenario di base, percentuali)

Prezzi del petrolio

-4,6

-16,6

-18,2

4,3

16,9

19,0

1,3

5,8

5,8

Prezzi del gas

-6,3

-19,3

-23,9

7,0

24,3

30,5

-0,9

-0,7

9,8

Indice sintetico dei prezzi dell’energia

-4,8

-17,1

-20,1

5,1

18,1

21,6

0,3

3,0

7,1

(deviazioni dai tassi di crescita dello scenario di base, in punti percentuali)

Crescita del PIL in termini reali

0,0

0,1

0,1

0,0

-0,1

-0,1

0,0

0,0

0,0

IAPC

-0,1

-0,6

-0,4

0,1

0,6

0,4

0,0

0,1

0,2

Nota: in questa analisi di sensibilità viene usato un indice sintetico dei prezzi dei prodotti energetici che combina i prezzi dei contratti future sul petrolio e sul gas. Il 25° e il 75° percentile si riferiscono alle densità delle probabilità neutrali al rischio implicite nelle opzioni per il prezzo del petrolio e del gas alla data del 15 agosto 2025. I prezzi costanti del petrolio e del gas assumono il valore rispettivo osservato alla stessa data. Gli effetti macroeconomici sono indicati come medie di una serie di modelli macroeconomici costruiti dagli esperti della BCE e dell’Eurosistema.

6.2 Profili alternativi del tasso di cambio

La presente analisi di sensibilità valuta le implicazioni di profili alternativi del tasso di cambio, che suggeriscono la possibilità di ulteriori pressioni al rialzo sull’euro e di conseguenza indicano la presenza di rischi al ribasso per la crescita e per l’inflazione. Le ipotesi tecniche per i tassi di cambio nello scenario di base delle proiezioni sono mantenute costanti nel periodo in esame. Un profilo alternativo al ribasso e uno al rialzo sono stati calcolati con il 25° e il 75° percentile delle densità delle probabilità neutrali al rischio implicite nelle opzioni per il tasso di cambio dollaro/euro al 15 agosto 2025, da cui emergeva un orientamento verso un apprezzamento dell’euro (grafico 16). Gli effetti di questi profili alternativi sono valutati utilizzando modelli macroeconomici degli esperti della BCE e dell’Eurosistema. L’impatto medio sulla crescita del prodotto e sull’inflazione risultante da tali modelli è mostrato nella tavola 7.

Grafico 16

Profili alternativi per il tasso di cambio dollaro/euro

Fonti: Bloomberg ed elaborazioni degli esperti della BCE.
Nota: un aumento indica un apprezzamento dell’euro. Il 25° e il 75° percentile si riferiscono alle densità delle probabilità neutrali al rischio implicite nelle opzioni per il tasso di cambio dollaro/euro alla data del 15 agosto 2025. Gli effetti macroeconomici sono indicati come medie di una serie di modelli macroeconomici costruiti dagli esperti della BCE e dell’Eurosistema.

Tavola 7

Impatto sulla crescita del PIL in termini reali e sull’inflazione misurata sullo IAPC

Profilo 1: 25° percentile

Profilo 2: 75° percentile

2025

2026

2027

2025

2026

2027

Tasso di cambio USD/EUR

1,12

1,14

1,13

1,14

1,24

1,28

Tasso di cambio USD/EUR (deviazione percentuale dallo scenario di base)

-0,3

-2,0

-2,8

1,1

6,5

9,8

(deviazioni dai tassi di crescita dello scenario di base, in punti percentuali)

Crescita del PIL in termini reali

0,0

0,1

0,1

0,0

-0,2

-0,2

IAPC

0,0

0,1

0,1

0,0

-0,2

-0,3

Fonti: Bloomberg ed elaborazioni degli esperti della BCE.
Nota: un aumento indica un apprezzamento dell’euro. Il 25° e il 75° percentile si riferiscono alle densità delle probabilità neutrali al rischio implicite nelle opzioni per il tasso di cambio dollaro/euro alla data del 15 agosto 2025. Gli effetti macroeconomici sono indicati come medie di una serie di modelli macroeconomici costruiti dagli esperti della BCE e dell’Eurosistema.

6.3 Analisi di sensibilità sull’impatto delle politiche statunitensi in materia di dazi

In presenza di una perdurante incertezza nel contesto del commercio internazionale, questa sezione esamina alcuni rischi associati alle politiche tariffarie statunitensi. Nonostante i recenti accordi raggiunti dagli Stati Uniti con l’Unione europea e con alcuni altri partner commerciali, permane una considerevole incertezza in merito alle modalità di adeguamento di settori e imprese al nuovo contesto del commercio mondiale. Questa sezione si concentra su tre rischi potenziali. Il primo riguarda la possibilità di un maggior grado di riorientamento degli scambi per effetto della riallocazione dei flussi commerciali date le differenze tra i dazi imposti dagli Stati Uniti ai vari paesi. Il secondo concerne il possibile abbassamento dei prezzi delle esportazioni cinesi come reazione strategica ai dazi. Il terzo è dato dal possibile emergere di strozzature più pronunciate nelle catene di approvvigionamento globali come conseguenza dei dazi. Lo scenario di base delle proiezioni include soltanto effetti limitati connessi a tali fattori.

La riallocazione dei flussi commerciali potrebbe essere di portata maggiore rispetto a quanto indicato nello scenario di base e i prezzi delle esportazioni cinesi potrebbero essere inferiori. Il modello ECB-Global implica che, secondo le ipotesi sui dazi incorporate nello scenario di base (come descritto nel riquadro 1), il riorientamento degli scambi a scapito degli Stati Uniti e a favore dell’area dell’euro è limitato[13]. Ciò comporta fenomeni solo deboli di ricomposizione dei flussi commerciali da parte degli importatori statunitensi a scapito dei paesi soggetti a dazi più elevati quali la Cina e a favore di altre economie e una riduzione limitata dei prezzi delle esportazioni cinesi per compensare i dazi. Si analizzano due scenari alternativi rispetto a questo scenario di base. Nel primo vi è un riorientamento della domanda degli importatori statunitensi a svantaggio della Cina e verso l’area dell’euro e il resto del mondo. Nel secondo, gli esportatori cinesi reagiscono alle barriere commerciali più elevate introdotte dagli Stati Uniti riducendo i prezzi delle esportazioni destinate a tutti i partner commerciali per compensare interamente gli effetti di tali barriere sulle loro esportazioni totali.

Grafico 17

Impatto sulle esportazioni derivante da un maggiore riorientamento dei flussi commerciali e da un calo dei prezzi delle esportazioni cinesi.

a) Maggiore riorientamento dei flussi commerciali

b) Minori prezzi delle esportazioni cinesi

(deviazione percentuale dallo scenario di base nel quarto trimestre del 2027)

(deviazione percentuale dallo scenario di base nel quarto trimestre del 2027)

Fonti: modello ECB-Global ed elaborazioni degli esperti della BCE.
Nota: il grafico mostra le variazioni degli scambi bilaterali nel quarto trimestre del 2027 (su base non ponderata). In Cina vige un regime di cambio a fluttuazione controllata. Il resto del mondo è calcolato come media semplice delle deviazioni delle esportazioni rispetto allo scenario di base per tutte le regioni nel modello ECB-Global esclusi Stati Uniti, Cina e area dell’euro.

Un maggiore riorientamento degli scambi a livello mondiale, con un grado più elevato di sostituzione fra paesi di origine da parte degli importatori statunitensi, incide significativamente sull’economia degli Stati Uniti mentre esercita un impatto solo contenuto sull’area dell’euro (grafico 17, pannello a)[14]. Simulazioni condotte con il modello ECB-Global mostrano che questa ricomposizione determinerebbe un aumento dei prezzi delle importazioni statunitensi, il quale si trasmetterebbe ai prezzi interni al consumo e alla produzione, e che in corrispondenza del picco l’inflazione negli Stati Uniti sarebbe superiore di 0,2 punti percentuali nel 2026 rispetto allo scenario di base. I tassi di interesse negli Stati Uniti sarebbero più elevati; ciò eserciterebbe un impatto negativo sui consumi e sugli investimenti e, di conseguenza, la crescita del PIL del paese sarebbe inferiore di 0,2 punti percentuali nel 2026 nel confronto con lo scenario di base. L’impatto sulla Cina sarebbe minore. Per l’area dell’euro, le simulazioni condotte utilizzando il modello ECB-BASE suggeriscono che l’aumento delle esportazioni dell’area verso gli Stati Uniti sarebbe compensato dall’indebolimento delle esportazioni verso la Cina e il resto del mondo. Di conseguenza, nell’area dell’euro la crescita del PIL e l’inflazione misurata sullo IAPC sarebbero inferiori di circa 0,05 punti percentuali nel 2026 e nel 2027.

Una riduzione dei prezzi delle esportazioni cinesi volta a compensare l’impatto dei dazi statunitensi inciderebbe significativamente sull’area dell’euro[15]. Riducendo strategicamente i prezzi all’esportazione, la Cina potrebbe compensare interamente il calo delle sue esportazioni complessive innescato dai dazi statunitensi. Questo scenario comporterebbe per tali prezzi una riduzione iniziale di quasi l’8%, che determinerebbe un aumento della competitività e delle esportazioni della Cina verso altre regioni compensando quindi parte della diminuzione dell’interscambio con gli Stati Uniti. Le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti segnerebbero successivamente un recupero e risulterebbero superiori di circa il 10% rispetto allo scenario di base nel quarto trimestre del 2027 (grafico 17, pannello b). Ciò implicherebbe che, nell’insieme, sarebbero inferiori del 13% in termini cumulati nel 2027, contro una riduzione del 23% nella simulazione condotta per lo scenario di base. Con l’aumento della competitività della Cina, l’area dell’euro registrerebbe perdite commerciali in presenza di un calo delle sue esportazioni verso il resto del mondo. Tuttavia, le esportazioni dell’area verso gli Stati Uniti aumenterebbero a causa di un apprezzamento del tasso di cambio effettivo del dollaro statunitense[16] che determinerebbe altresì una flessione della domanda di petrolio facendo scendere i corsi petroliferi dell’1,4% nel 2027. Una crescita delle importazioni dalla Cina contribuirebbe a una diminuzione del tasso di incremento del PIL dell’area dell’euro pari a circa 0,2 punti percentuali nel 2026, con una riduzione cumulata dell’inflazione misurata sullo IAPC pari a quasi 0,3 punti percentuali nell’orizzonte temporale della proiezione (grafico 18).

Grafico 18

Implicazioni macroeconomiche per l’area dell’euro di un maggiore riorientamento degli scambi e di minori prezzi delle esportazioni cinesi

a) Crescita del PIL in termini reali

b) Inflazione misurata sullo IAPC

(deviazione dallo scenario di base in punti percentuali)

(deviazione dallo scenario di base in punti percentuali)

Fonti: Modelli ECB-Global ed ECB-BASE ed elaborazioni degli esperti della BCE.
Nota: in queste analisi di sensibilità gli input sul contesto internazionale sono compilati con il modello ECB-Global ed elaborati con il modello ECB-BASE per calcolare l’impatto sull’area dell’euro.

Possono emergere strozzature dal lato dell’offerta in quanto è possibile che i nuovi dazi, le distorsioni commerciali e la maggiore incertezza inducano le imprese a ristrutturare le proprie catene di approvvigionamento determinando una lieve riduzione almeno temporanea dell’efficacia produttiva. Non vi sono al momento segnali di strozzature significative nelle catene di approvvigionamento mondiali e l’accordo commerciale raggiunto di recente tra gli Stati Uniti e l’Unione europea ha ridotto la probabilità che l’area dell’euro sia interessata da tali turbative. Di conseguenza, nello scenario di base delle proiezioni non si ipotizzano strozzature significative dal lato dell’offerta. Tuttavia, data la portata dei dazi applicati dagli Stati Uniti ad alcuni paesi che svolgono un ruolo centrale nelle catene di approvvigionamento globali, oltre alla possibilità di un ulteriore inasprimento del conflitto commerciale, non si può escludere l’emergere di turbative. Per valutare questo rischio, sono stati costruiti due profili alternativi rispetto allo scenario di base per il Global Supply Chain Pressure Index (GSCPI)[17] utilizzando un grande modello di autoregressione vettoriale bayesiano (BVAR) strutturale condizionato alle proiezioni di settembre 2025 (grafico 19)[18]. Nel profilo dello scenario di base il GSCPI si collocherebbe attorno al suo livello attuale nell’orizzonte temporale della proiezione, il che implica effetti limitati sull’attività nell’area dell’euro. Un primo profilo alternativo è stato creato applicando al profilo dello scenario di base gli shock dal lato delle catene di approvvigionamento mondiali verificatisi durante la prima amministrazione Trump (istogrammi gialli nel grafico 19) individuati dal modello BVAR. Un secondo profilo alternativo modellizza gravi strozzature dal lato delle catene di approvvigionamento che rispecchiano gli shock osservati durante la pandemia di COVID-19 (istogrammi blu nel grafico 19). Si tratta di un’ipotesi estrema, in quanto la probabilità di tali shock è ritenuta al momento molto bassa.

Grafico 19

GSCPI: scomposizione degli shock, profilo dello scenario di base e profili alternativi

(indice, contributi)

Fonti: Bańbura et al. (2023) ed elaborazioni degli esperti della BCE.
Nota: gli istogrammi verdi rappresentano l’impatto combinato degli altri shock individuati nel modello e di componenti idiosincratiche specifiche di ciascuna variabile, compresi gli shock dal lato dell’energia che hanno contribuito in misura importante a spiegare l’aumento del Global Supply Chain Pressure Index (GSCPI) durante il periodo della pandemia.

Gli effetti macroeconomici sull’area dell’euro sono minimi nel primo profilo alternativo, ma considerevoli nel secondo con turbative più estreme nelle catene di approvvigionamento al pari di quanto era avvenuto durante la pandemia. Concentrando anzitutto l’attenzione sui risultati in un’economia con reti produttive pienamente funzionanti, e utilizzando il modello ECB BASE, nel profilo con strozzature dal lato dell’offerta simili a quelle osservate durante la prima amministrazione Trump emergerebbero pressioni inflazionistiche solo minime e il tasso di inflazione misurato sullo IAPC sarebbe superiore di meno di 0,1 punti percentuali nel 2027 (grafico 20, pannello b), istogrammi blu). Lo scenario che ipotizza shock analoghi a quelli verificatisi durante il periodo pandemico determinerebbe effetti sull’inflazione più pronunciati in un contesto in cui il tasso calcolato sullo IAPC sarebbe superiore di fino a 0,15 punti percentuali nel 2027 (grafico 20, pannello b), istogrammi blu). In entrambe le analisi di sensibilità, l’impatto sul PIL in termini reali è trascurabile o lievemente positivo; ciò riflette l’ipotesi di tassi di interesse invariati e questo, in presenza di un aumento dell’inflazione, implica una riduzione dei tassi di interesse reali che fornirebbe uno stimolo all’attività (grafico 20, pannello a), istogrammi blu). L’analisi è estesa utilizzando un modello multi-paese e multi-settore che tiene conto dei legami di input-output in un contesto in cui ai disturbi nelle catene di approvvigionamento si aggiungono turbative nelle reti produttive in altre regioni. Tale ipotesi riduce la sostituibilità all’interno delle catene produttive e determinerebbe effetti più pronunciati (grafico 20, istogrammi gialli). In questo caso, rispetto allo scenario di base, l’inflazione nel 2027 potrebbe essere superiore di fino a 0,1 punti percentuali nello scenario della prima amministrazione Trump e di quasi 0,25 punti percentuali nello scenario pandemico più estremo, mentre la crescita del PIL risulterebbe lievemente frenata[19].

Grafico 20

Impatto di profili alternativi delle strozzature dal lato delle catene di approvvigionamento sul prodotto e sull’inflazione e ruolo degli effetti di rete

a) Crescita del PIL in termini reali

(punti percentuali)


b) Inflazione misurata sullo IAPC

(punti percentuali)

Fonti: modello ECB-BASE e modello multi-paese multi-settore di Aguilar, P. et al. (2025) ed elaborazioni degli esperti della BCE.
Nota: le aree gialle mostrano l’impatto complessivo delle strozzature negli scambi commerciali, compresi gli effetti delle turbative nelle reti produttive. Tali effetti sono stimati con il modello multi-paese multi-settore raffrontando i risultati di un modello senza sostituzione input-output di beni intermedi nella produzione di beni con quelli di un modello che la incorpora. Gli istogrammi blu mostrano i risultati del modello ECB-BASE dove gli effetti dal lato delle reti commerciali sono implicitamente rilevati dal modello.

Riquadro 2
Confronto con le previsioni formulate da altre organizzazioni e dal settore privato

Le proiezioni di settembre degli esperti della BCE si collocano all’interno dell’intervallo di valori delle altre previsioni nel 2025, ma in corrispondenza o al di sotto del limite inferiore sia per la crescita sia per l’inflazione nel 2026 e nel 2027. Le proiezioni per la crescita formulate dagli esperti si trovano sul limite superiore dell’intervallo delle previsioni delle altre organizzazioni e di quelle risultanti dalle indagini degli analisti del settore privato per il 2025 e al di sotto di tale intervallo per il 2026 e il 2027. Per l’inflazione, la proiezione degli esperti della BCE è in linea con le altre previsioni per il 2025, si colloca in corrispondenza del limite inferiore dell’intervallo per il 2026 ed è inferiore alle altre previsioni disponibili per il 2027. La proiezione degli esperti della BCE per l’inflazione calcolata sull’HICPX rientra nell’intervallo dei valori delle altre previsioni disponibili per il periodo 2025-2026 e risulta inferiore all’altra previsione disponibile per il 2027.

Tavola

Confronto tra alcune previsioni recenti sulla crescita del PIL in termini reali, sull’inflazione misurata sullo IAPC e sull’inflazione calcolata sullo IAPC al netto della componente energetica e alimentare nell’area dell’euro

(variazioni percentuali annue)

 

Data di pubblicazione

PIL in termini reali

IAPC

IAPC al netto di energia e alimentari

2025

2026

2027

2025

2026

2027

2025

2026

2027

Proiezioni degli esperti della BCE

settembre 2025

1,2

1,0

1,3

2,1

1,7

1,9

2,4

1,9

1,8

Consensus Economics

agosto 2025

1,2

1,1

1,5

2,1

1,8

2,0

2,3

1,9

-

Indagine presso i previsori professionali

luglio 2025

1,1

1,1

1,4

2,0

1,8

2,0

2,3

2,0

2,0

Fondo monetario internazionale

luglio 2025

1,0

1,2

1,4

2,0

1,8

2,1

-

-

-

OCSE

giugno 2025

1,0

1,2

-

2,2

2,0

-

2,2

2,0

-

Commissione europea

maggio 2025

0,9

1,4

-

2,1

1,7

-

2,4

1,9

-

Fonti: Consensus Economics Forecasts, 14 agosto 2025 (i dati per il 2027 sono tratti dall’indagine di gennaio 2025); Indagine presso i previsori professionali della BCE, 25 luglio 2025; World Economic Outlook dell’FMI, 23 luglio 2025; Economic Outlook dell’OCSE, 3 giugno 2025; European Economic Forecast della Commissione europea, primavera 2025, 19 maggio 2025.
Nota: queste previsioni non sono direttamente confrontabili tra loro, né con le proiezioni macroeconomiche degli esperti della BCE, poiché sono state ultimate in momenti differenti. Inoltre si basano su metodi diversi per definire le ipotesi sulle variabili di bilancio, finanziarie ed esterne, inclusi i corsi del petrolio, del gas e di altre materie prime. i tassi di crescita del PIL in termini reali delle proiezioni macroeconomiche formulate dagli esperti della BCE sono corretti per il numero di giornate lavorative, diversamente da quelli riportati dalla Commissione europea e dal Fondo monetario internazionale. Per quanto riguarda le altre previsioni non viene fornita alcuna precisazione in merito.

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Per la terminologia tecnica, è disponibile sul sito della BCE un glossario.

HTML ISBN 978-92-899-7320-5, ISSN 2529-4504, doi:10.2866/1902681, QB-01-25-148-IT-Q


  1. Le ipotesi tecniche sono aggiornate al 15 agosto 2025. Le proiezioni macroeconomiche per il contesto internazionale e l’area dell’euro sono state ultimate il 28 agosto 2025.

  2. Se non espressamente indicato, i riferimenti agli indicatori economici mondiali e/o aggregati a livello internazionale in questa sezione non includono l’area dell’euro.

  3. L’inflazione complessiva su scala internazionale misurata sull’IPC è calcolata come media ponderata dei tassi di inflazione di 24 paesi, comprendenti 15 economie avanzate (Stati Uniti, Regno Unito, Giappone, Svizzera, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Svezia, Danimarca, Norvegia, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Romania e Bulgaria) e nove emergenti (Cina, Russia, Brasile, India, Turchia, Corea, Messico, Singapore e Hong Kong).

  4. Il 28 agosto la Commissione europea ha avviato il processo legislativo per l’introduzione della normativa necessaria a ritirare tutti i dazi applicati ai beni industriali degli Stati Uniti e a fornire un accesso preferenziale al mercato per alcuni prodotti ittici e agricoli statunitensi. Secondo la dichiarazione congiunta di Stati Uniti e Unione europea, questa condizione è sufficiente ad assicurare un dazio del 15% sulle autovetture e le componenti automobilistiche.

  5. In base alla misura “non corretta” dell’incertezza sulle politiche commerciali che viene “depurata” dell’impatto stimato dell’attenzione rivolta dai media all’incertezza non connessa alle politiche commerciali, ai dazi effettivi, alle condizioni finanziarie e alle pressioni dal lato delle catene di approvvigionamento. Le ipotesi illustrate nel grafico B del riquadro 2, dal titolo “Dazi statunitensi e incertezza sulle politiche commerciali”, nelle proiezioni di giugno 2025 si riferivano alla misura non corretta dell’incertezza sulle politiche commerciali, mentre il pannello a) del grafico B nel riquadro 1 della presente pubblicazione mostra la misura “depurata”.

  6. L’orientamento delle politiche di bilancio nell’area dell’euro è definito come variazione del saldo primario di bilancio corretto per il ciclo e ulteriormente corretto per i sussidi a titolo del programma NGEU dal lato delle entrate. Costituisce una misura top-down dell’intonazione delle politiche fiscali, mentre le misure discrezionali di politica di bilancio sono valutate utilizzando un approccio bottom-up. Queste misure rilevano le variazioni riguardanti le aliquote di imposta, i diritti fiscali e gli altri stanziamenti pubblici che sono stati o che saranno verosimilmente approvati dai parlamenti nazionali dei paesi appartenenti all’area dell’euro.

  7. Una fonte di inasprimento nel 2025, in particolare per quanto riguarda le imposte indirette, è costituita dall’ulteriore ridimensionamento delle restanti misure di sostegno connesse all’energia introdotte dal 2022.

  8. Tutte le principali categorie di spesa continuano a crescere a ritmi robusti in presenza di un lieve rallentamento dei consumi collettivi rispetto alla dinamica sostenuta osservata nel 2024. L’effetto di allentamento esercitato dai fattori non discrezionali nel 2025 è dovuto principalmente a minori entrate e ad altri residui fiscali, mentre gli effetti di composizione, che erano fortemente positivi nel 2024 (una crescita delle basi imponibili superiore a quella del PIL in termini nominali, con un effetto di inasprimento sull’intonazione delle politiche di bilancio), sarebbero sostanzialmente neutri secondo le stime sia nel 2025 sia nel resto dell’orizzonte temporale considerato.

  9. Secondo le stime, le sovvenzioni dell’NGEU (che non hanno un impatto macroeconomico sul bilancio dal lato delle entrate) sarebbero prossime allo 0,5% del PIL per il 2026 e solo lievemente superiori allo zero per il 2027. Il previsto inasprimento della spesa pubblica finanziata a titolo dell’NGEU per il 2027 nel caso dei grandi beneficiari del programma è parzialmente compensato dalle proiezioni di crescita elevata degli investimenti pubblici in Germania.

  10. L’impatto del nuovo sistema dell’UE per lo scambio di quote di emissione (ETS2) sull’inflazione misurata sullo IAPC è incerto e dipende dal prezzo dei permessi rilasciati nell’ambito di tale sistema, dalla velocità e dall’entità della trasmissione ai prezzi al consumo e dalle modalità della transizione all’ETS2 nei paesi in cui esistono regimi nazionali. Per una disamina più approfondita di queste incertezze, cfr. il riquadro “Valutazione dell’impatto delle politiche di transizione connesse ai cambiamenti climatici sulla crescita e sull’inflazione” delle Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate dagli esperti dell’Eurosistema, dicembre 2024.

  11. Il sistema ETS2 dovrebbe essere iscritto nei conti nazionali come imposta sulla produzione al momento della restituzione dei permessi di emissione, vale a dire l’anno successivo all’asta. I proventi del sistema ETS2 relativi al 2027 saranno quindi registrati nei conti nazionali solo nel 2028, mentre i prezzi finali dovrebbero risultare aumentati già nel 2027. Ci si attende di conseguenza un aumento temporaneo del margine operativo lordo nel 2027.

  12. I prezzi di mercato utilizzati sono quelli osservati il 15 agosto 2025 (la data di ultimazione delle ipotesi tecniche).

  13. Nella simulazione dei dazi statunitensi condotta nello scenario di base, le importazioni degli Stati Uniti dalla Cina e dall’area dell’euro registrano un calo in termini cumulati rispettivamente pari al 23,5% e al 3,9% entro la fine del 2027. Inoltre, le esportazioni statunitensi verso la Cina e verso l’area dell’euro evidenziano una riduzione in termini cumulati rispettivamente pari al 4,9% e al 5,4% nello stesso periodo, mentre le esportazioni della Cina destinate all’area dell’euro aumentano dello 0,7%.

  14. Nel modello ECB-Global il riorientamento degli scambi si produce nell’ipotesi che i prezzi dei concorrenti internazionali esercitino sul profilo degli scambi un’influenza superiore rispetto al loro peso proporzionale nell’indice dei prezzi al consumo interni. Di conseguenza le esportazioni dal paese A al paese B sono definite non soltanto dai prezzi relativi dei beni del paese A rispetto al livello complessivo dei prezzi al consumo nel paese B ma anche dal confronto fra questi prezzi e quelli all’importazione degli altri concorrenti internazionali che sono fornitori del paese B.

  15. Nell’analisi si ipotizza che il tasso di cambio dell’euro rimanga costante rispetto alle altre valute. Ciò contribuisce ad alimentare pressioni deflazionistiche importate dalla Cina all’area dell’euro.

  16. Il tasso effettivo nominale dell’euro è ipotizzato costante in linea con le ipotesi tecniche, mentre l’euro registra un deprezzamento nei confronti del dollaro compensato da un apprezzamento rispetto ad altre valute. Ciò fornisce agli esportatori dell’area dell’euro un vantaggio competitivo nel mercato statunitense.

  17. Per maggiori dettagli, cfr. https://www.newyorkfed.org/research/policy/gscpi#/overview.

  18. Il grande modello BVAR strutturale è condizionato sulle ipotesi tecniche relative ai corsi petroliferi in euro, ai prezzi del gas, al PIL in termini reali, al tasso di cambio e ai prezzi alla produzione delle materie prime alimentari nell’area dell’euro, oltre che sulle proiezioni per lo IAPC, per l’HICPX, per lo IAPC per la componente dei servizi, per il costo del lavoro per dipendente, per il PIL in termini reali e per il PIL mondiale. Il modello include altresì la produzione di petrolio, i prezzi alla produzione e la loro scomposizione tra beni energetici e beni intermedi, il PMI relativo al prodotto, il PMI relativo ai tempi di consegna dei fornitori e il GSCPI. Si identificano otto shock connessi alle catene di approvvigionamento mondiali, all’offerta di petrolio, alla domanda specifica di petrolio, ai prezzi del gas, all’offerta interna, al mercato del lavoro, alla domanda interna e alla domanda esterna. Cfr. Bańbura, M., Bobeica, E. e Martínez Hernández, C., “What drives core inflation? The role of supply shocks”, Working Paper Series, n. 2875, BCE, 2023.

  19. Cfr. Aguilar, P., Domiguez-Díaz, R., Gallegos, J. e Quintana J. (di prossima pubblicazione, 2025), The Transmission of Foreign Shocks in a Networked Economy.

Annexes
11 September 2025